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EMENDAMENTO “SBLOCCA-STADI”: NORMA RIVOLUZIONARIA, FINALMENTE UNA SVOLTA? È ANCORA PRESTO PER DIRLO.

Antonio Triglia

23 novembre 2020

Nello scorso mese di settembre le Camere hanno approvato un importante emendamento (art.55-bis), al progetto di conversione in legge del Decreto Semplificazioni (D.L. n.76 del2020); emendamento che si inserisce nella recente legislazione sugli impianti sportivi, aggiungendo all’art.62 del D.L. n. 50 del 2017 i nuovi commi 1-bis e 1-ter.

 L’emendamento, proposto dai Senatori Renzi e Biti è stato votato da una “maggioranza trasversale”, rappresentante tutte le forze politiche ad eccezione del MoVimento 5 Stelle. Segno che un tale intervento è stato considerato prioritario da quasi tutti gli schieramenti politici, in considerazione dell’attuale inadeguatezza degli stadi in Italia e del presunto groviglio normativo, che ne renderebbe complicata la ristrutturazione.

Alla base della scelta legislativa vi è un assunto, che a sua volta parte dalla realtà in cui versano gli stadi in Italia: moltissimi impianti, costruiti nella prima metà del Novecento, continuano a essere utilizzati per lo sport professionistico. Ma oggi, oltre alle esigenze di funzionalità e di sicurezza, le società utilizzatrice ed i tifosi hanno ulteriori interessi, sia per quanto riguarda i servizi sia per quanto riguarda la fruibilità dell’impianto. Per cui, al fine di perseguire e realizzare i predetti interessi, sono necessari interventi abbastanza massicci su edifici, progettati in un’epoca in cui le esigenze erano assai diverse.

Realizzare interventi così consistenti è spesso complicato in un contesto legislativo, che assegna un grande potere al Ministero e ai suoi organi competenti. Infatti, l’attuale assetto del codice dei beni culturali permette al MIBACT e alle Soprintendenze di bloccare in maniera assoluta ogni opera di ristrutturazione sugli stadi, quando trattasi di immobili che presentino interesse culturale.

I primi firmatari dell’emendamento lamentavano l’inopportunità della soggezione degli stadi, a loro parere non destinati a conservare la loro primaria struttura architettonica per sempre, alla disciplina generale del codice dei beni culturali e al potere delle soprintendenze. Per questo motivo il Co. 1-bis prevede che il soggetto, “che intenda realizzare gli interventi” di ristrutturazione o di costruzione sull’area del vecchio impianto, possa “procedere anche in deroga” ad una serie disposizioni del codice dei beni culturali (artt. 10,12,13, 136 e 140) e alle “dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate”.

Così, stante la specificità dell’edificio su cui interverrebbero i lavori (impianti sportivi che ospitano competizioni di livello professionistico), queste strutture non saranno più sottoposte al procedimento di verifica dell’interesse culturale ad opera della Soprintendenza, né alla procedura di dichiarazione dell’interesse culturale, adottata dal Ministero. 

Inoltre gli immobili, le aree o i complessi di immobili su cui sorge lo stadio non saranno più soggette all’applicazione delle disposizioni per la tutela dei beni di notevole interesse pubblico, così come al relativo procedimento di dichiarazione, previsto dall’art. 140 del D.lgs n. 42 del 2004.

In realtà queste deroghe operano a condizione che sia garantito il “rispetto dei soli specifici elementi strutturali, architettonici o visuali di cui sia strettamente necessaria ai fini testimoniali la conservazione o la riproduzione in forme anche diverse da quella originaria”.

Infatti l’emendamento comunque prevede l’instaurarsi di un  procedimento, più semplice e almeno nell’idea del legislatore agile e lineare, che dovrà essere avviato dal soggetto proprietario o concessionario dell’impianto sportivo: Così, a seguito della richiesta, il Ministero dei Beni e delle Attività culturali comunque conserva il potere di individuare le parti e gli elementi dell’opera che vanno salvaguardati e “indica modalità e forme di conservazione, anche distaccata, dell’impianto sportivo, mediante interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia volti alla migliore fruibilità dell’impianto”.

Il provvedimento conclusivo deve essere adottato dal Ministero entro 90 giorni dalla richiesta, termine che può essere prorogato di 30 giorni e solo per una volta nel caso in cui debbano essere acquisiti dei “documenti che non siano già in possesso della Sovrintendenza territorialmente competente e necessari all’istruttoria”.

Inoltre, il Ministero nel pronunciarsi sul vincolo di tutela artistica, storica e culturale è “costretto” ad esprimersi rapidamente, poiché una volta decorso il termine, senza che esso abbia completato la suddetta verifica, l’edificio non può essere più sottoposto al vincolo e soprattutto le dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate perdono la loro efficacia.

Da ultimo, il comma 1-ter impone al Ministero dei Beni culturali, nell’ambito della suddetta valutazione, la gerarchia di interessi da tutelare (e di priorità), che è alla base dell’iniziativa del legislatore. Il Ministero dovrà tenere conto che “l’esigenza di preservare il valore testimoniale dell’impianto è recessiva rispetto all’esigenza di garantire la funzionalità dell’impianto medesimo ai fini della sicurezza, della salute e della incolumità pubbliche, nonché dell’adeguamento agli standard internazionali e della sostenibilità economico – finanziaria dell’impianto”.

Il mondo della tutela artistica e culturale ha fin da subito fortemente osteggiato questo intervento legislativo, ritenendolo “una ferita gravissima all’obbligo costituzionale della tutela del patrimonio storico e artistico della nazione”.

Dapprima il Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori si è mostra preoccupato dalla prospettiva di limitare il parere della Soprintendenza a specifici elementi dell’intero complesso, cosa che comunque potrebbe nuocere anche alle parti tutelate. Il Consiglio, inoltre, denuncia la volontà del legislatore di restringere i tempi entro i quali il Ministero dovrebbe pronunciarsi, senza allo stesso tempo intervenire con un adeguato potenziamento dell’organico, aspetto ancor più rilevante, in considerazione dell’appena introdotto meccanismo che, alla scadenza del termine dei 90 giorni, darebbe il via libero definitivo ad ogni tipo di intervento.

I presidenti di tre comitati tecnico-scientifici del MiBACT hanno inviato una lettera aperta al Ministro Franceschini, spiegando le ragioni di forte preoccupazione per gli scenari che l’emendamento può aprire e esortando il Ministro a sottoporre la nuova norma, alla prima occasione, al vaglio della Corte Costituzionale.

In effetti si ritiene probabile che la disposizione verrà sottoposta all’attenzione della Consulta, che nell’occasione dovrà valutare se questa compressione dei poteri e del margine di scelta del Ministero sia giustificatile o sia illegittimo per violazione dell’art. 9 della Costituzione.

Ad “esultare” per l’emendamento in parola saranno stati probabilmente i dirigenti sportivi (in particolare quelli della Fiorentina). Non è un caso che le prime firme sull’emendamento siano state poste da due senatori di Firenze. Infatti il procedimento di verifica dell’interesse culturale avente ad oggetto lo Stadio Comunale “Franchi” si era concluso con un espresso provvedimento di tutela (rep. n. 15 del 20 maggio 2020).

Tuttavia non è detto che questo intervento legislativo riesca a risolvere la questione dello Stadio Viola. Più precisamente il parere reso in primavera, come aveva chiarito il MIBACT, non impediva tout court una ristrutturazione, ma obbligava a un intervento che salvaguardasse alcune parti dell’impianto. Così il Soprintendente aveva indirettamente bocciato il Progetto Casamonti e sembrava aver fatto abbandonare l’idea della ristrutturazione del Franchi come nuovo stadio della Fiorentina al Presidente Commisso. Bisogna chiarire che tale scenario potrebbe ripetersi anche alla luce del nuovo contesto normativo. Come detto, la stessa disposizione richiama il necessario “rispetto dei soli specifici elementi architettonici di cui sia necessaria la conservazione”. In astratto è ancora possibile che il Ministero, a seguito della valutazione, pur piegata alla nuova “scala di valori” imposta dal legislatore (tra i quali attira maggiormente l’attenzione la “sostenibilità economico-finanziaria del progetto”), si esprima sul Franchi, ribadendo la necessaria salvaguardia delle curve, senza però negare in generale la possibilità di procedere ad un riammodernamento, riproponendo la medesima situazione precedente all’intervento legislativo.

La gerarchia di interessi, prevista dal co. 1-ter  viene imposta anche in sede di Valutazione di impatto ambientale e compatibilità paesaggistica. Fondamentale, per valutare l’efficacia dell’emendamento, sarà soprattutto capire quanto il Ministero, le soprintendenze o le altre amministrazioni, nei procedimenti sopra richiamati, terranno effettivamente conto delle esigenze considerate dal legislatore come preminenti. 

Anche se i proprietari o concessionari scegliessero di impugnare il provvedimento, lamentando una violazione alla luce di questa nuova disposizione, potrebbe essere comunque complicato per i Tribunali amministrativi entrare nel merito dello scrutinio compiuto dal Ministero o dai suoi organi, stante l’attuale orientamento giurisprudenziale. Infatti è stato giudicato (Cons. St. 1102/2019) che la soprintendenza, nell’espressione dei pareri di compatibilità paesaggistica, dispone di un’ampia discrezionalità tecnico-specialistica, sindacabile in sede giurisdizionale solo per difetto di motivazione, illogicità manifesta o errore di fatto conclamato. Più o meno lo stesso orientamento si è registrato invece con riguardo alla sindacabilità sulla dichiarazione di interesse culturale (Cons. St. 4747/2015).

Sicuramente l’emendamento “sblocca-stadi” rappresenta un’importante modifica nella legislazione sull’ammodernamento degli impianti sportivi, ma in considerazione delle posizioni fortemente critiche registrate, appare  probabile che la reale portata dell’intervento legislativo potrà essere valutata dopo un eventuale vaglio della Corte Costituzionale e dei Tribunali amministrativi.

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