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D.L. AGRICOLTURA: LA NUOVA DISCIPLINA DEL FOTOVOLTAICO TRA DUBBI E INCERTEZZE INTERPRETATIVE

03/06/2024

A cura di Antonio Iuliano

Il 16 maggio è entrato in vigore il c.d. decreto legge agricoltura (d.l. 15 maggio 2024, n. 63), ora all’esame del Parlamento ai fini della conversione in legge, che dovrà avvenire entro il prossimo 14 luglio.

Tra i profili oggetto, sin da subito, di talune critiche in ordine alle possibili conseguenze negative per il processo di transizione energetica – e quindi ecologica – del paese,  vi è quanto statuito dall’art. 5 (“Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo”) del suddetto decreto.

Quest’ultima disposizione interviene sull’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva UE 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. L’art. 20, in particolare, disciplina in via transitoria le aree idonee ai fini dell’installazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili. La norma prevede,  inoltre, che il MASE adotti un decreto (atteso da ormai più di due anni) al fine di disciplinare in via definitiva la materia. Fino all’adozione dello stesso – ferma restando la possibilità che la legge di conversione introduca modifiche – la materia sarà disciplinata dall’art. 20, così come risultante a seguito dell’intervento dell’art. 5 del d.l. agricoltura.

Quest’ultimo prevede, in particolare, che all’art. 20 del d. lgs. 199/2021, dopo il comma 1, si aggiunga il comma 1-bis, sulla scorta del quale l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti è consentita esclusivamente in:

  1. Aree ove siano già installati impianti della medesima fonte, al solo scopo di modificare, rifare, potenziare o ricostruire integralmente gli impianti già installati, a patto che detti interventi non comportino un incremento dell’area occupata (art. 20, co. 8, lett. a);
  2. Cave o miniere cessate, non recuperate, abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, oppure porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento (art. 20, co. 8, lett. c);
  3. Siti e impianti nelle disponibilità di Ferrovie dello stato e dei gestori di infrastrutture ferroviarie, nonché dei concessionari autostradali (art. 20, co. 8, lett. c-bis);
  4. Siti e impianti nelle disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli rientranti nel perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori, ferme restando le necessarie verifiche tecniche ad opera dell’ENAC (art. 20, co. 8, lett. c-bis1);
  5. Siti privi di vincoli ai sensi della seconda parte del codice dei beni culturali e del paesaggio (D. lgs. 42/2004) che costituiscano aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché aree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento oppure aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri (art. 20, co. 8, lett. c-ter, nn. 2 e 3).

Differentemente dalla disciplina previgente non potranno dunque essere installati impianti fotovoltaici con moduli a terra in:

  • aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere (art. 20, co. 8, lett. c-ter, n. 1);
  • le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (art. 20, co. 8, lett. b).

L’art. 5, dopo aver introdotto le limitazioni di cui sopra, individua le eccezioni alle stesse, ossia i progetti cui non trovano applicazione. In particolare: progetti attuativi di misure del PNRR o del PNC; progetti finalizzati alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili e progetti necessari al fine di attuare gli altri obiettivi del PNRR.  L’art. 5, comma 2, inoltre, esclude dall’ambito di applicazione del decreto “Le procedure abilitative, autorizzatorie o di valutazione ambientale già avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto”, le quali saranno “concluse ai sensi della normativa previgente”.

Le nuove norme, al di là delle valutazioni lato sensu politiche – che esulano dagli scopi della presente – meritano di essere meglio approfondite, in particolar modo in relazione ad alcuni profili dirimenti ai fini dell’applicazione delle stesse, i quali risultano prima facie non scevri di criticità.

Partendo dalla ratio dell’intervento normativo, ossia la limitazione dell’uso del suolo agricolo (evincibile già dalla rubrica dell’articolo), una prima precisazione che si rende necessaria riguarda la tipologia di impianti cui le limitazioni di cui all’art. 5 trovano applicazione. La disposizione fa riferimento agli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Pare non trovare applicazione, dunque, agli impianti agrivoltaici, sulle cui differenze rispetto ai modelli fotovoltaici “classici” si è soffermata la IV sezione del Consiglio di stato, con la sentenza 8029/2023 del 30/08/2023, cui hanno fatto seguito la 8235, 8260, 8261, 8262 2 8263 della medesima sezione e del medesimo anno.

Con tali sentenze la IV sezione ha precisato che «L’agrivoltaico è (…) caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva) nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola. Alla luce di quanto osservato, non si comprende, pertanto, come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivoltaico) possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce, tuttavia, neppure in minima parte, alle ordinarie esigenze dell’agricoltura».

Con particolare riferimento agli impianti agrivoltaici avanzati  (quantomeno quelli rientranti nella definizione di “agrivoltaici avanzati ai fini del PNRR” di cui alle linee guida in materia di impianti agrivoltaici di MASE, CREA, GSE, ENEA e RSE di giugno 2022) si ritiene, inoltre, che rientrino nei progetti attuativi del PNRR e dunque siano a prescindere esclusi dall’ambito di applicazione delle limitazioni. Quanto alle altre categorie di agrivoltaico, sebbene possa condividersi la ricostruzione della materia offerta dal Consiglio di stato, sarebbe auspicabile -in sede di conversione- maggiore chiarezza normativa.

Lo stesso vale in riferimento ai progetti “necessari al fine di conseguire gli obiettivi del PNRR” – posto che, in assenza di precisazioni, sembrerebbero considerarsi rientranti in quest’ultima categoria quelli per cui è possibile accedere agli incentivi di cui al d. lgs. 199/2021 e quindi, quando arriverà, del decreto FER X – e alla previsione di cui all’art. 5, comma 2 che esclude dall’ambito di applicazione del decreto le procedure già avviate. In riferimento a queste ultime non è chiaro, in particolare, a quale grado di sviluppo debba esser pervenuto il progetto affinché continui a trovare applicazione la normativa previgente.

Un ulteriore punto su cui vale la pena soffermarsi riguarda la previsione di cui al comma 8, lett. c-ter, n. 2 che consente l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra in aree agricole i cui punti distino non più di 500 metri da un precedente impianto o stabilimento. Orbene, l’art. 5 del d.l. agricoltura prevede che l’installazione di fotovoltaici nelle aree di cui al comma 8, lett. a (quelle dove sono già installati impianti della medesima fonte) è consentita al solo fine di modificare, rifare, potenziare o ricostruire integralmente gli impianti già installati, a patto che detti interventi non comportino un incremento dell’area occupata. Dette previsioni, dunque, sembrano contrastanti: basterebbe installare un nuovo impianto (nel raggio di 500 metri) e non modificarne uno esistente al fine di raggirare la limitazione (che non consente di ampliare l’area occupata). Unica differenza tra le due disposizioni per cui si possa ritenere che abbiano un diverso campo di applicazione è che la previsione di cui all’art. 5 si riferisce agli impianti della medesima fonte, quella di cui al comma 8, lett. c-ter, n.2 è priva di tale precisazione. Sarebbe comunque auspicabile, anche in questo caso, un chiarimento in sede di conversione o in sede di adozione del decreto del MASE che, come recentemente annunciato dal titolare del dicastero, dovrebbe arrivare entro metà giugno. Un ultimo nodo che ci si auspica la legge di conversione o il decreto aree idonee possano sciogliere riguarda le aree agricole non produttive, posto che il d.l. agricoltura non contiene alcun riferimento alle stesse (non si precisa, difatti, se le limitazioni riguardino tutte le aree agricole o soltanto quelle produttive) e che, anche qui, un’eventuale inclusione della aree agricole non produttive nell’ambito delle limitazioni (alle aree idonee) introdotte dal d.l. agricoltura contrasterebbe con la ratio dell’intervento normativo.

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