di Ilaria Madeo
Il 15 gennaio 2014 sono state approvate in materia di contratti pubblici tre importanti direttive ora in fase di recepimento: la direttiva n. 2014/24/UE avente ad oggetto appalti per i settori ordinari, la direttiva n. 2014/25/UE avente ad oggetto gli appalti per i c.d. settori speciali e la direttiva n. 2014/23/UE in materia di concessioni. Gli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo rispondono ad esigenze di maggior flessibilità delle procedure, di riordino e semplificazione della normativa vigente allo scopo di favorire il più possibile la concorrenza.
La mia analisi in particolare ha ad oggetto la direttiva 2014/23/UE in materia di concessioni, un istituto che ha assunto, specialmente negli ultimi anni, sempre più importanza a causa del suo frequente ricorso. Purtoppo però, l’ assenza di una chiara definizione e regolamentazione dell’istituto, ha alimentato una situazione di grande incertezza giuridica.
La direttiva assume particolare rilievo sistematico in quanto va a colmare un grave vuoto normativo. Essa in primis sottopone ad un’unica disciplina i due tipi di concessione, di lavori e di servizi. Inoltre finalmente fornisce una chiara definizione di “concessione”:
Ai sensi dell’art. 5 della direttiva, le concessioni sono contratti a titolo oneroso conclusi tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori o la prestazione di servizi, ove il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
Elemento caratterizzante l’istituto è il cd “rischio operativo” infatti “l’aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi”. Si tratta del rischio che non siano garantiti i costi e gli investimenti sostenuti per la gestione.
Il tema del rischio non è del tutto nuovo, dato che la responsabilità del privato è sempre stata considerata necessaria nelle varie forme di PPP ed in particolare delle concessioni; fino all’emanazione della direttiva 2014/23 non era ben chiaro l’ambito preciso di questo requisito, che distingue la concessione dall’appalto. Si parla di concessione quando l´operatore assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull´utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa.
Si parla, invece, di appalto di servizi quando l´onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull´Amministrazione. In sostanza la differenza consiste nella modalità di remunerazione.
L’obbligatorietà della previsione che impone la traslazione del rischio, prima dell’emanazione della direttiva non era effettiva a causa dell’indeterminatezza del criterio ma soprattutto perché ci si limitava ad operare un generico rinvio alle prescrizioni comunitarie; prescrizioni comunitarie che soltanto la direttiva in esame ha specificato.
La nuova definizione di rischio operativo non consente più ai concessionari di pretendere clausole contrattuali di salvaguardia per attenuare eventuali rischi per “scaricare” le eventuale perdite sulla pubblica amministrazione. IL concessionario in questo modo è completamente responsabile della cattiva gestione, delle inadempienze o altre problematiche gestionali.
ll rischio operativo, a cui il privato deve essere esposto, può riguardare sia il lato della domanda sia quello dell’offerta.
Il rischio di domanda può dipendere da un calo del servizio perché gli altri operatori sono più competitivi, perché la gestione del concessionario non suscita l’interesse dell’utenza.
Per rischio di domanda s’intende il rischio relativo all’effettiva domanda dei lavori o dei servizi che sono oggetto del contratto, a prescindere dalla qualità delle prestazioni offerte dal soggetto privato.
Per rischio di “offerta” s’intende, invece il rischio che l’esecuzione dei lavori o l’erogazione del servizio non incontri la domanda, a causa di fattori che concernono la qualità delle prestazioni del soggetto privato.
Le nuove norme contenute nella direttiva 2014/23/UE, prevedono che il contratto di concessione implichi “sempre” il rischio operativo del concessionario e lo esponga all’imprevedibilità del mercato e alla possibilità che non possa recuperare quanto investito per l’erogazione del servizio.
La disciplina dell’aggiudicazione di concessioni non sarebbe giustificata se l’amministrazione garantisse sempre all’operatore un introito minimo e il recupero degli investimenti effettuati.
Fino a questo momento la normativa, rimandando il concetto di allocazione dei rischi a prescrizioni comunitarie, è stata “debole” ed ha consentito ai concessionari di introdurre forme subdule di attenuazione del rischio a scapito della PA. In Italia il fenomeno ha avutp ampia diffusione nel settore autostradale in cui si è assistito a vari tentativi degli investitori di “scaricare” le perdite, in diversi modi, sullo Stato.
Adesso il vuoto normativo sta per essere colmato, non ci saranno più scusanti. Un primo obiettivo è eliminare una volta per tutte la possibilità, per i concessionari , di ricorrere a norme che consentano di neutralizzare il rischio operativo, facendo ricadare i costi di gestioni scellerate sulla collettività. E’ necessaria, in questo momento più che mai, una regolamentazione puntuale, semplice e ordinata. Il completamento dell’iter di recepimento è solo un primo passo verso l’obiettivo auspicato.