di Alessia Maria Fruscione
16/10/16
Il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, contenente la riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, riconosce, in attuazione degli artt. 21 e 33 della Costituzione, il cinema quale fondamentale mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale. Il decreto specifica inoltre che le attività cinematografiche sono riconosciute di rilevante interesse generale, anche in considerazione della loro importanza economica ed industriale. Impegna pertanto la Repubblica, nelle sue articolazioni e secondo le rispettive competenze, a favorire lo sviluppo dell’industria cinematografica nei suoi diversi settori, ad incoraggiare ed aiutare le iniziative volte a valorizzare e a diffondere con qualsiasi mezzo il cinema nazionale, a tutelare la proprietà intellettuale e il diritto d’autore, ad assicurare la conservazione del patrimonio filmico nazionale e la sua diffusione in Italia ed all’estero nonché a promuovere attività di studio e di ricerca nel settore cinematografico.
Il cinema, definito la settima arte, è stato, fin dal suo esordio, riconosciuto come fondamentale strumento di diffusione di identità culturali e, soprattutto in tempi recenti, ha rappresentato un utile strumento di progresso per lo sviluppo economico; per questo motivo numerose sono le misure di sostegno che i vari Stati applicano alla produzione cinematografica.
Il sistema di intervento pubblico statale italiano è basato su due tipologie di aiuti: diretti e indiretti (c.d. credito d’imposta), a favore di tutti i comparti della filiera cinematografica (sviluppo, produzione, distribuzione, esercizio, industrie tecniche, promozione).
L’intervento diretto è disciplinato dal decreto legislativo n.28 del 22 gennaio 2004, che, come già rilevato in principio, può considerarsi la legge fondamentale in materia, il cui contenuto peraltro sarà prossimamente destinato a subire forti cambiamenti da quello che, ad oggi, è ancora un disegno di legge (il n.2287). Gli interventi diretti sono finalizzati in primo luogo a promuovere iniziative di produzione cinematografica e diffusione di film nazionali in Italia e all’estero, e si distinguono in automatici e selettivi.
I primi consistono in contributi diretti da parte dello Stato a favore di imprese di produzione. Sono automatici perché calcolati in percentuale sulla base degli incassi realizzati in sala, e sono destinati al reinvestimento in opere cinematografiche (ma una parte è comunque riconosciuta al regista e agli autori del soggetto e della sceneggiatura).
Per quanto riguarda gli interventi selettivi, si tratta di contributi erogati, ancora una volta, direttamente dall’ amministrazione, sentito il parere della Commissione per la cinematografia, ma solo qualora si ravvisi la sussistenza di determinati requisiti. In particolare, l’art. 5 del decreto stabilisce che hanno diritto ai benefici previsti dalla legge solo i film per i quali vi sia stato il riconoscimento della ‘’nazionalità italiana’’, di seguito enucleando i caratteri e gli elementi richiesti (regista italiano; autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani; sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani; interpreti principali in maggioranza italiani; etc…) e individuando, nei commi successivi, le deroghe ammesse. Il controllo circa la sussistenza di tali requisiti è effettuato direttamente dall’Amministrazione competente.
Sono inoltre previsti interventi, sempre di carattere diretto, a favore della promozione cinematografica in senso più ampio, per agevolare e promuovere l’organizzazione di festival, rassegne, cineteche, ed eventi di vario genere. Il sostegno al settore è alimentato dal Fondo Unico per lo Spettacolo (c.d. FUS) istituito nel 1965; esso è alimentato annualmente dallo Stato, e poi suddiviso tra le diverse finalità del settore.
Gli interventi indiretti sono invece quelle forme di sostegno che si realizzano mediante un credito d’imposta (c.d. tax credit), meccanismo in base al quale lo Stato non assegna un contributo ma riconosce un’agevolazione fiscale per il destinatario, consentendo quindi ugualmente di apportare un arricchimento nell’ambito del settore in analisi. Questi interventi sono previsti per le società di produzione cinematografica e audiovisiva e per le sale, quindi per sostenere sia la produzione sia la distribuzione, ma sono anche finalizzati a incentivare la realizzazione di film stranieri girati in Italia, con produttori esecutivi italiani.
Come già rilevato, è imminente l’approvazione definitiva di un disegno di legge (il n. 2287) il cui contenuto andrà ad incidere significativamente sulla materia in questione (esso è già stato approvato in Senato il 6 ottobre scorso).
Per quanto riguarda le novità principali riguardanti l’aspetto degli interventi pubblici di sostegno, è da rilevare la previsione del ‘’Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo’’ nel quale dovrebbe affluire annualmente una parte delle entrate derivanti dalle imposte prelevate nell’ambito del settore cinematografico. Il fondo è finalizzato ad attuare un sostegno finanziario, secondo le modalità individuate, in tal modo realizzando un sistema di contribuzione ispirato a quello francese, ma con una sostanziale differenza: il modello francese si struttura su un meccanismo di ‘’autofinanziamento’’, e quindi una redistribuzione dei proventi che derivano da una tassazione specifica dei soggetti che partecipano alla filiera cinematografica, affinché vengano reinvestiti dagli stessi in ulteriori progetti e opere. (Vi è un apposito fondo che viene alimentato in misura minoritaria da finanziamenti diretti da parte dello Stato, e in misura maggioritaria mediante, appunto, crediti d’imposta. Parte dei proventi vengono automaticamente redistribuiti fra i soggetti che abbiano maturato i requisiti predeterminati dalla legge, altra parte invece è assegnata da apposite commissioni sulla base di criteri qualitativi).
Il nuovo sistema italiano non prevede, invece, alcuna tassazione aggiuntiva, specifica, a carico della filiera cinematografica, bensì la destinazione ad essa di una percentuale (pari all’11,50%) delle imposte generali cui già è sottoposta. In sostanza quel che si viene a delineare è una rinuncia da parte dello Stato ad una parte delle entrate, affinché il valore corrispondente possa essere reinvestito nell’ambito del medesimo settore.
Chiaramente solo nei prossimi mesi/anni sarà possibile dare un giudizio ragionato sull’opportunità e sull’efficienza di tali cambiamenti in termini di convenienza economica e finanziaria nel settore in esame e, più in generale, nel bilancio pubblico.