VALENTINA MARCHETTI
23/02/2018
Investire in criptovalute è senza dubbio ormai il nuovo must per gli investitori di tutto il mondo poiché sono in grado di consentire il massimo dei rendimenti rispetto agli altri asset.
Si tratta, comunque sia, di una metodologia di investimento rischiosa, basti tenere presente che il Bitcoin, la criptovaluta per eccellenza, sta vivendo settimane di grande volatilità.
Le criptovalute si acquistano su specifici portali on line.
Gli scambi avvengono, invece, su piattaforme (gli exchange), che il più delle volte offrono all’investitore anche il servizio di custodia del wallet, il portafoglio virtuale su cui si depositano le criptovalute, che gestisce la chiave digitale e che, aperto con una propria password, consente l’esecuzione delle singole transazioni.
L’apertura di un wallet non richiede la sottoscrizione di contratti bancari né tantomeno l’espletamento di procedure di adeguata verifica della clientela. Questo perché le criptovalute non sono sottoposte agli obblighi di legge applicabili alle istituzioni finanziarie. Il livello di sicurezza dipende da ogni singolo operatore e deve essere, quindi, attentamente valutato e monitorato dall’investitore.
La quotazione delle monete digitali che hanno raggiunto il mercato sono lievitate nel corso degli ultimi anni, raggiungendo livelli impensabili fino a poco prima e questo ha creato il sospetto in molti investitori, che il rischio di trovarsi di fronte ad una bolla speculativa sia reale e tangibile.
Il come “affidarsi” diventa nevralgico in termini di tutela legale dal momento che l’assenza di una disciplina nazionale e sovranazionale toglie garanzie. Questo rimette il più delle volte ai professionisti l’individuazione di soluzioni giuridiche, sorrette da ragionamenti analogici con istituti regolati nei diversi ordinamenti, per individuare, innanzitutto, la natura giuridica delle criptovalute.
Il dibattito sulla natura giuridica è cruciale dal momento che proprio da essa dipende il grado e la tipologia di tutela degli investitori. Ci si chiede se si tratta di monete o di strumenti/prodotti finanziari.
Qualche criterio ci viene fornito dall’unica sentenza italiana e da alcune delibere Consob che ci aiutano a comprendere quando ci possa essere una competenza delle autorità italiane ad intervenire e quali strumenti legali azionare.
Il Tribunale di Verona con la sentenza n. 195 del 2017, ha stabilito la “nullità” del contratto intercorso fra un utente italiano ed una piattaforma facente capo ad una società italiana che aveva corrisposto valuta avente corso legale in cambio di Bitcoin e quindi la restituzione della somma investita. Il giudice accogliendo le domande dell’utente ha accertato che aveva agito da consumatore e l’attività svolta dal portale era stata condotta in violazione degli obblighi legali di forma e di informativa precontrattuale previsti agli artt. 67-duodecies e ss. del Codice del Consumo. Il Tribunale ha ritenuto che al rapporto conclusosi on-line si applicassero le norme relative alla fornitura dei servizi finanziari ai consumatori italiani nelle operazioni di cambio di valuta in corso contro unità di criptovaluta e in particolare le previsioni relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.
La decisione di Verona è inequivocabile: i cambia valuta (i.e. gli exchanger) forniscono servizi finanziari: devono inderogabilmente rispettare gli obblighi informativi precontrattuali verso l’investitore/consumatore che ha diritto di pretenderli.
L’autorità Consob ha chiaramente stabilito in due delibere(19968/2017 e 2027/2017), la natura di “prodotto finanziario “ lì dove implichino la compresenza di un impiego di capitale; un’aspettativa di rendimento di natura finanziaria; l’assunzione di un rischio connesso all’impiego di capitale. Ebbene, davanti a questo tipo di prodotti finanziari, venduti in termini standardizzati e uniformi, si profila quindi un’ipotesi di un’offerta al pubblico definita nell’art. 1, comma 1, lett. t del TUF con conseguente obbligo preventivo di pubblicazione di un prospetto informativo a tutela dell’investitore. Inoltre “prima della pubblicazione del prospetto è vietata la diffusione di qualsiasi annuncio pubblicitario riguardante offerte al pubblico di prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari comunitari”.
Pochi giorni fa a lanciare un ulteriore allarme sono state le tre agenzie europee responsabili per le banche (EBA), i mercati mobiliari (ESMA) e le assicurazioni (EIOPA) in un avvertimento ai consumatori sugli alti rischi di acquisto e detenzione delle cosiddette valute virtuali: ”Se acquistate valute virtuali siate consapevoli del fatto che avete un alto rischio di perdere gran parte e persino tutto l’investimento fatto” scrivono le tre autorità.
Il primo rischio che viene evidenziato è quello della volatilità e del cd. effetto bolla. Ad aggiungersi è poi l’assenza di protezione legale, sebbene nel corso del 2018 entreranno in vigore le norme antiriciclaggio che si applicheranno anche alle piattaforme di scambio di scambio delle criptovalute e ai portafogli digitali, queste ultime restano non regolate dalla normativa europea.
Non è da escludere l’ipotesi – nel caso in cui chi acquisti criptovalute decida di mantenerle in deposito presso la piattaforma – di perdere l’investimento se la piattaforma viene hackerata.
Fuori dal panorama europeo le criptovalute non incontravano contrarietà. Le due authority americane, la Securities and Exchange Commission (SEC), e la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), dopo le ultime vicende che hanno visto una forte correzione dei prezzi del Bitcoin, sono state chiamate ad esprimersi dinanzi alla Commissione banche del Senato degli Stati Uniti sulla possibilità di introdurre delle norme per il controllo a livello federale delle piattaforme di scambio.
I due presidenti, Jay Clayton della Sec e Christopher Giancarlo della Cftc, hanno evidenziato l’esigenza di nuove e severe norme per gestire il fenomeno sostenendosi favorevoli a politiche regolatorie che portino chiarezza e trasparenza nel settore.
Parole dure contro la moneta virtuale sono arrivate recentemente anche da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che parlando di monete virtuali ha dichiarato che dovrebbero essere viste come asset molto rischiosi.
Diversi sono i Governi che sembrano iniziare ad esprimere la volontà di regolamentare il fenomeno delle criptomonete. In occasione del prossimo G20 di Buenos Aires, probabile è il fatto che venga affrontato la questione criptovalute al fine di cercare una regolamentazione severa e condivisa.
In conclusione, la prima buona norma da seguire è la prudenza: l’investitore deve richiedere tutte le informazioni necessarie ad individuare i soggetti emittenti e soprattutto la tipologia delle criptovalute che si intendono acquistare.