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AVVALIMENTO, CHIARIMENTI DEL CONSIGLIO DI STATO SULLA DURATA DEL’AFFITTO D’AZIENDA RISPETTO ALL’APPALTO

LORENZO MAGNANELLI

6 luglio 2020

Con la sentenza 5 giugno 2020, n. 3585 la Sezione III del Consiglio di Stato ha ribaltato il principio secondo cui si riteneva legittima l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara qualora lo stesso si fosse avvalso di un requisito specifico attraverso un contratto di affitto d’azienda di durata inferiore alla durata del contratto pubblico da eseguire.

La controversia da cui ha avuto origine la pronuncia in questione nasce a seguito dell’aggiudicazione di una gara per la fornitura di un software indetta da un ente di supporto tecnico della Regione Toscana. Studiofarma s.r.l., l’operatore economico risultato secondo classificato, tra i motivi di ricorso presentati al TAR di Firenze sosteneva l’illegittima ammissione alla gara di Promofarma s.r.l., risultata aggiudicataria, in quanto carente del requisito speciale di capacità tecnica e professionale prescritto dal disciplinare di gara. Per la ricorrente l’aggiudicataria non avrebbe soddisfatto il requisito mediante l’affitto dell’azienda Goodmen s.r.l., poiché il contratto di durata quinquennale, sebbene in linea con il limite minimo prescritto dall’art. 76 del d.p.r. n. 207/2010, non era sufficiente a coprire l’intera durata dell’appalto (sei anni).

La terza sezione del tribunale amministrativo (sentenza n. 1706 del 16 dicembre 2019) accoglieva il ricorso, ritenendo di condividere un indirizzo giurisprudenziale non consolidato (Cons. Stato, sez. V., 4 febbraio 2019, n. 827) che riteneva legittima l’esclusione dell’operatore economico poiché la stazione appaltante non avrebbe potuto fare affidamento sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della gara fino all’aggiudicazione, nonché, in seguito, per l’intera fase di esecuzione. L’indirizzo in parola parafrasava la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (20 luglio 2015, n. 8) in tema di principio di continuità nel possesso dei requisiti di qualificazione.

I giudici del TAR ritenevano non applicabile l’art. 76 del d.p.r. n. 207/2010, che fissa la durata minima del contratto di affitto d’azienda, norma rispettata dall’aggiudicataria, poiché nel caso di specie doveva essere data maggiore rilevanza alla durata dell’appalto, superiore ai 3 anni fissati dalla norma citata.

Il Consiglio di Stato sconfessa l’orientamento giurisprudenziale dei giudici di prime cure e condivide la tesi proposta dall’appellante secondo cui il requisito di capacità tecnico professionale, soddisfatto grazie all’affitto d’azienda, fosse rilevante esclusivamente ai fini dell’ammissione dei concorrenti alla gara: il TAR si era invece spinto ad attribuire al requisito di partecipazione un rilievo anche in fase di esecuzione, modificando la lex specialis. Il Consiglio richiama una precedente pronuncia della medesima sezione che si era espressa sul requisito del fatturato specifico ottenuto nel triennio precedente alla pubblicazione del bando. Il requisito rileva ai fini dell’ammissione ma, dopo l’aggiudicazione, può venir meno senza alcuna conseguenza per l’impresa rispetto all’esecuzione del contratto (Cons. Stato, III sez., 6 novembre 2019, n. 7581).

Sottolineano i giudici dell’appello che l’art. 76 del d.p.r. n. 207/2010 non può essere considerato irrilevante in relazione al caso di specie; essendo l’unica disposizione che disciplina gli effetti del contratto di affitto d’azienda sulla qualificazione dell’impresa affittuaria deve essere sempre applicato. L’unica condizione per l’avvalimento in caso di affitto di azienda è quindi quella stabilita in modo chiaro ed espresso dal comma 9 dell’art. 76, cioè che la durata del contratto d’affitto non sia inferiore a tre anni. Conclude il Consiglio che, soddisfatto il requisito fissato dall’art. 76, “non è consentito indagare oltre circa l’esatta corrispondenza tra durata dei due rapporti contratti (contratto di affitto e contratto di appalto)”.

I giudici di secondo grado spiegano che la disposizione in esame “fissa il punto di equilibrio individuato dal legislatore, nell’intento di coniugare il favor partecipationis, cui le direttive sono ispirate, e la tendenziale stabilità del requisito”.

Come dimostra il caso in questione, la disciplina dell’affitto d’azienda ha posto una serie di problemi con il passaggio al nuovo Codice degli Appalti. L’art. 51 del d.lgs. 163/2006 contemplava l’affittuario tra i possibili soggetti protagonisti di una vicenda modificativa di un concorrente della procedura e concedeva la possibilità di succedere nella posizione del locatore nel corso della gara. Non essendo più stata riprodotta la norma nel d.lgs. 50/2016 ed eliminata la rigida distinzione tra fase di gara e fase di esecuzione (i ‘vecchi’ artt. 51 e 116), la posizione dell’affittuario deve essere ricostruita facendo riferimento ai principi generali.

È evidente che all’affittuario si applicheranno le cause di esclusione degli operatori economici elencate tassativamente dall’art. 80 d.lgs. 50/2016. Un discorso più approfondito meritano i requisiti speciali, descritti dall’art. 83 quali l’idoneità professionale, la capacità economica e finanziaria e le capacità tecniche e professionali. La natura economica di questi requisiti fa sì che questi possano avere un mercato e quindi essere oggetto di contrattazione e trasferimento. La giurisprudenza comunitaria, anche alla luce del principio di massima libertà di organizzazione delle imprese, si è sempre espressa a favore di ogni forma di avvalimento, spiegando che lo scopo delle operazioni di cessione ed affitto d’azienda è quello di mettere l’acquirente o affittuario in condizione di avvalersi dei requisiti e delle referenze del compendio aziendale ceduto o affittato nelle procedure ad evidenza pubblica.

La giurisprudenza nostrana ha quindi progressivamente riconosciuto la continuità della gestione imprenditoriale, facendo riferimento all’art. 2498 del Codice Civile sulla prosecuzione dei rapporti giuridici e al concetto di trasferimento di universitas. Se quindi è diventato pacifico che l’affittuario possa avvalersi dei requisiti speciali del locatore in fase di ammissione alla gara, il nodo da sciogliere rimaneva capire in che limiti applicare il principio di continuità nel possesso dei requisiti di qualificazione, limiti che il TAR aveva erroneamente superato.

Il Consiglio di Stato fa ancora una volta riferimento al continuo bilanciamento alla base dell’intera disciplina dei contratti pubblici tra libertà economica delle imprese, che si sostanzia nella massima libertà di partecipazione ed organizzazione dei concorrenti, ed efficienza della pubblica amministrazione, da cui si originano le necessarie garanzie di affidabilità e capacità di adempimento dell’operatore economico.

Il paragone effettuato con il requisito del fatturato specifico si rivela calzante. Spiega il Consiglio che come il fatturato di un operatore economico potrebbe, una volta effettuata l’aggiudicazione, calare negli esercizi economici successivi, così il contratto di affitto d’azienda di durata corrispondente alla durata dell’appalto potrebbe essere risolto o estinto per una qualsiasi imprevedibile causa. Da qui potrebbe aprirsi la strada per la possibile deduzione di un principio generale di irrilevanza dei requisiti specifici nella fase di esecuzione. Al momento appare più corretto considerare le due fattispecie esaminate come casi speciali rispetto alla categoria generale dei requisiti per cui va applicato il principio di continuità nel possesso secondo cui “i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione […] ma anche per tutta la durata della procedura stessa  fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità” (Cons. Stato, Ad. Plen., 20 luglio 2015, n. 8).

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