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ANNO NUOVO, PROROGHE VECCHIE: QUID JURIS PER LE CONCESSIONI BALNEARI?

20/03/2024

A cura di Andrea Nardone

Con sentenza 27 dicembre 2023, n. 11200, il Consiglio di Stato si è pronunciato in appello nel giudizio proposto da due ricorrenti per l’annullamento di un’ordinanza del Comune di Amalfi, a mezzo della quale era stata ingiunta la demolizione di uno stabilimento balneare e il ripristino dello stato dei luoghi.

La vicenda trae le mosse dall’adozione della predetta ordinanza di ingiunzione, che si inseriva in una più ampia serie di procedimenti con i quali era contestata sotto molteplici profili l’attività di stabilimento balneare gestita dai ricorrenti. Oltre alla regolarità urbanistica e paesaggistica delle opere realizzate, difatti, il Comune di Amalfi aveva avviato pure il procedimento per la revoca della licenza di pubblico esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande, della licenza per la somministrazione di vendita di superalcolici e dell’autorizzazione sanitaria; era stato inoltre avviato il procedimento per la decadenza della concessione demaniale marittima. 

Il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di ingiunzione era stato respinto con sentenza 21 agosto 2017, n. 1307 del T.A.R. Campania – Salerno; avverso tale sentenza i ricorrenti proponevano appello. Nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato gli appellanti, per quel che qui più interessa, oltre a criticare la bontà della sentenza che aveva riconosciuto la legittimità dell’ordinanza, depositavano il provvedimento comunale del 18 settembre 2020, che estendeva la durata della concessione demaniale marittima fino al 31 dicembre 2023. Secondo la prospettazione degli appellanti, la proroga della concessione avrebbe dovuto comportare la cessazione della materia del contendere, essendo di per sé idonea a soddisfare integralmente le pretese fatte valere in giudizio. Di contro, l’Amministrazione eccepiva “soltanto” la parziale improcedibilità del ricorso in appello, a causa dell’intervenuta proroga della concessione.

I giudici di Palazzo Spada, nella sentenza in commento, ritengono di dover decidere su questo punto in via preliminare rispetto all’esame del merito delle censure. La sentenza, dunque, passa a ricostruire da un punto di vista teorico quali presupposti possano essere alla base della cessazione della materia del contendere e quali alla base dell’improcedibilità del ricorso. Come chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve essere pronunciata la cessazione della materia del contendere allorquando un provvedimento sopravvenuto realizzi pienamente l’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria. Per converso, dovrà dichiararsi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse qualora un atto amministrativo successivo attui un assetto di interessi inoppugnabile, ostativo alla realizzazione dell’interesse (sostanziale) del ricorrente. In entrambi i casi, o perché l’interesse si sia già realizzato, o perché ne sia divenuta impossibile la realizzazione, la prosecuzione del giudizio risulta comunque inutile.

Tuttavia, nel caso concreto sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato, l’avvenuta proroga della concessione demaniale marittima non tange l’oggetto del giudizio, dal momento che il profilo attinente alla durata della concessione e quello relativo alla conformità edilizia-urbanistica sono del tutto distinti. La proroga della concessione demaniale non è dunque atto idoneo a far venir meno una sanzione urbanistica; semmai, invece – e puramente in astratto – potrebbe riconoscersi un’interferenza della proroga con il tema della possibile decadenza della concessione. Il relativo provvedimento conclusivo, però, non è ancora stato attuato, essendo soltanto stato comunicato l’avvio del relativo procedimento.

In ogni caso, il Consiglio di Stato evidenzia come la proroga della concessione disposta dal Comune non possa produrre l’effetto prospettato di eliminare il provvedimento sanzionatorio, in quanto da considerarsi, tra l’altro, tamquam non esset, in applicazione dei principi enunciati dalla sentenza 9 novembre 2021, n. 17, dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Le norme legislative nazionali dispositive di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, come noto, sono state infatti dichiarate in contrasto con il diritto euro-unitario: il principio è applicabile anche per la previsione di proroga ex lege contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, del d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni nella legge 24 febbraio 2023, n. 14 (legge di conversione del c.d. Milleproroghe).

Solo una volta risolta la suddetta questione preliminare, allora, i giudici di Palazzo Spada passano ad esaminare il merito del ricorso, giungendo in estrema sintesi a confermare l’ordinanza repressiva, in quanto le opere dello stabilimento balneare erano state effettivamente realizzate in difformità o in assenza dei titoli abilitativi.

A prescindere da tale conclusione, tuttavia, la sentenza si rivela estremamente interessante proprio in quanto, ancorché in via puramente incidentale, contiene delle significative precisazioni sul destino delle concessioni balneari. Il Supremo Consesso Amministrativo ha infatti avuto l’occasione per tornare a pronunciarsi sul tema delle proroghe delle concessioni balneari, all’avvento dell’attesa data del 1° gennaio 2024: questo termine avrebbe dovuto segnare idealmente un vero e proprio spartiacque. Le sentenze gemelle del Consiglio di Stato nn. 17-18 del 2021 avevano infatti differito a tale momento gli effetti della disapplicazione della normativa anticomunitaria, per dare al legislatore il tempo di operare una revisione organica della materia. Come noto, invece, tale tempo non è stato utilizzato fruttuosamente; anzi, il Governo ne chiede ora di ulteriore, invocando l’applicazione delle proroghe tecniche, fino a tutto il 2024 in via generale e fino al 2025 in caso di ragioni oggettive, introdotte nel Milleproroghe. Dall’esame della pronuncia del Consiglio di Stato traspare dunque nettamente quale sarà l’orientamento della giurisprudenza per il futuro: le proroghe dovranno essere disapplicate, senza eccezioni. La sentenza offre pertanto un prezioso contributo chiarificatore, in un settore nel quale permane un’estrema incertezza e in cui la ricostruzione del diritto applicabile rimane un’operazione assai complessa.

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