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AIUTI ECONOMICI DA PARTE DI ENTI PUBBLICI IN FAVORE DI UNA SOCIETÀ PARTECIPATA: L’ULTIMA PRONUNCIA DELLA CORTE DEI CONTI

LAVINIA ZANGHI BUFFI

19 ottobre 2020

Con Deliberazione n. 119 del 2020, la Sezione Regionale di Controllo per il Veneto della Corte dei Conti ha risposto ad un quesito formulato dal Comune di Longarone (il “Comune”), in merito agli aiuti economici che un ente pubblico socio possa erogare in favore di una società partecipata. 

In particolare, il Comune si è rivolto alla Corte dei Conti per chiedere «se è possibile che, nell’ambito della disciplina generale che regola i rapporti tra ente locale socio e società a partecipazione pubblica, un Comune possa deliberare l’erogazione di un contributo a fondo perduto ad una società partecipata, anche come singolo socio senza condividere l’azione di frazionamento con gli altri soci pubblici, al fine di sostenere un investimento ritenuto di pubblico interesse, nel rispetto della normativa europea sulle regole del “de minimis” e del mantenimento degli equilibri di bilancio dell’ente, motivando adeguatamente il provvedimento concessorio».

Quanto al quadro normativo di riferimento, bisogna ricordare che, al fine di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e la parità di trattamento,  l’art. 12 della l. 241 del 1990, prevede in generale che «La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.» 

Rileva qui anche l’art. 14, comma 5, del d.lgs. 175 del 2016 (“TUSP”), il quale pone il c.d. divieto di soccorso finanziario quale forma di ripiano degli squilibri e di conseguente integrazione delle perdite della società in mano pubblica da parte dell’ente partecipante. Ciò anche nell’ottica delle regole europee che vietano ai soggetti che operano nel mercato di fruire di diritti speciali od esclusivi.

Lo stesso art. 14, comma 5, prevede poi un limite espresso rispetto al suddetto divieto di soccorso finanziario, stabilendo che «Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dalla Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni.» È in questa ipotesi che sembra rientrare il «contributo a fondo perduto» oggetto della richiesta di parere da parte del Comune.

Nel riferirsi a trasferimenti «straordinari», il legislatore vuole porre l’accento sulla eccezionalità, in quanto extra ordinem, dell’intervento contributivo. L’ente pubblico è dunque tenuto ad evidenziare ed esplicare la straordinarietà dell’intervento e a fornirne adeguata motivazione con puntuale esposizione delle ragioni fattuali e giuridiche. Infatti «l’art. 14, 5 comma, TUSP fissa un divieto generale di disporre, a qualunque titolo, erogazioni finanziarie “a fondo perduto” in favore di società in grave situazione deficitaria, relegando l’ammissibilità di trasferimenti straordinari ad ipotesi derogatoria e residuale, percorribile con finalità di risanamento aziendale e per il solo perseguimento di esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo» (Corte dei conti, sez. contr. Lazio, n. 66/2018/PAR; Corte dei conti, sez contr. Lazio, 1/2019/PAR).

Fermo restando dunque, secondo la Corte, che «non può essere disconosciuta, in via generale, la possibilità per gli enti locali di utilizzare lo strumento dell’indebitamento nell’ambito della propria attività amministrativa, purché esso sia finalizzato a coprire spese da cui derivi un aumento di valore del loro patrimonio immobiliare e mobiliare» deve al contempo darsi rilievo all’esigenza, spesso sottolineata dalla giurisprudenza di controllo, di valutare attentamente, in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, l’opportunità di assumere oneri per la ricapitalizzazione della società. 

La ricapitalizzazione, infatti, può rappresentare un rischio per gli equilibri di bilancio dell’ente, che sono condizionati anche dai risultati conseguiti dagli organismi partecipati. È dunque opportuno che la scelta tenga conto sia della capacità della società di tornare in utile (previa valutazione di un piano industriale) e sia dell’economicità e dell’efficacia della gestione del servizio tramite l’organismo partecipato, elementi di cui l’ente è tenuto a fornire adeguata motivazione. Più in generale, la scelta di ricapitalizzazione della società strumentale dev’essere motivata in merito alla inerenza con le finalità istituzionali dell’ente. 

L’operazione deve, comunque, rispettare i principi di cui agli artt. 201-204, D. Lgs. 267 del 2000 con riferimento agli equilibri di bilancio e ai vincoli di indebitamento e la disciplina eurounitaria in materia di aiuti di Stato.

Un ulteriore punto su cui la Corte dei Conti è chiamata a pronunciarsi è quello relativo alla possibilità di deliberazione unilaterale dell’intervento finanziario da parte dell’amministrazione comunale istante, senza condivisione con gli altri enti pubblici partecipanti la struttura societaria.

Nel caso del «trasferimento straordinario», come detto, esso può soltanto conseguire, quale atto presupponente («a fronte di», dice l’art. 14, comma 5, secondo periodo, TUSP), ad una serie di atti presupposti (convenzioni; contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti; piano di risanamento) che ne costituiscono l’antecedente logico. È dunque in relazione a tali atti presupposti che deve valutarsi la necessità di un coinvolgimento di tutti gli enti pubblici partecipanti alla decisione. Tale coinvolgimento, alla luce delle norme e dei principi in materia di controllo pubblico congiunto di un ente, risulta necessario quando l’atto presupposto sia espressivo di decisioni finanziarie e gestionali da considerarsi strategiche per l’attività sociale.  

Ne deriva che l’intervento straordinario in favore della società in mano pubblica pluripartecipata segue, per quanto in via derivata, le regole inerenti al controllo dei soci pubblici applicabili agli atti presupposti dell’intervento stesso.

Occorre inoltre rilevare che l’art. 21, comma 3 bis, del TUSP prevede che «Le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla società partecipata (…) nei limiti della loro quota di partecipazione.» È ragionevole ritenere che tale principio di contribuzione in proporzione alla partecipazione sia estensibile per analogia alla fattispecie degli «interventi straordinari» di cui trattasi, salvo che nel conferimento del trasferimento straordinario ed unilaterale da parte di un socio pubblico, senza la compartecipazione degli altri, il soggetto conferente non configuri un’utilità corrispettiva (diretta od indiretta) comunque gravante sui soggetti non conferenti, escludendo in tal modo l’ipotesi dell’accollo di oneri altrui e/o dell’atto con causa mista di natura donativo/liberale.

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