di Alessia Romeo
11/02/16
La riforma degli appalti pubblici è giunta all’approvazione della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 in cui il Governo è chiamato ad adottare un decreto legislativo di recepimento delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE entro il 16 aprile 2016 e un decreto di riordino con la riforma generale sui contratti relativi a lavori, servizi e forniture entro il 31 luglio 2016, ferma restando la facoltà di adottare entro il 18 aprile 2016 un unico decreto legislativo.
L’obiettivo prioritario è quello di sostituire il vecchio Codice dei contratti pubblici, che insieme al Regolamento di attuazione si compone di circa seicento articoli, con un testo unico di circa duecento articoli, lasciando all’ANAC il potere di adottare degli atti di soft law che regolino gli aspetti attuativi e operativi del Codice al posto dell’attuale Regolamento.
Nel progetto di semplificare drasticamente il quadro normativo vigente, l’ANAC svolgerà un ruolo centrale dal momento che avrà il doppio compito di adottare delle regole flessibili come fossero delle linee guida per calare nella realtà del mercato un Codice completamente nuovo e di indirizzare con degli atti finalmente vincolanti, oltre che con poteri sanzionatori, la p.a., le imprese e tutti i professionisti coinvolti nel settore. Sicuramente uno degli aspetti più importanti della riforma è proprio il ruolo affidato all’ANAC e il passaggio dall’essere un’autorità di vigilanza a una vera autorità di regolazione.
Per quello che interessa la fase esecutiva degli appalti, è posta un’attenzione specifica al sistema di pubblicità dei pagamenti. Oltre a ribadire l’utilizzo di conti correnti dedicati, è previsto l’obbligo per le stazioni appaltanti di pubblicare nel proprio sito internet il resoconto finanziario al termine dell’esecuzione del contratto in modo da poter verificare i flussi finanziari della p.a. e incentivare così anche dei pagamenti tempestivi.
Una delle previsioni più importanti riguarda le varianti in corso d’opera in quanto l’intento è quello di ridurle drasticamente. Non solo è previsto di introdurre delle misure volte a contenerle entro tetti massimi molto bassi, consentendole in casi limitati, ma, alla luce di quanto previsto all’art. 72 della direttiva 24/2014/UE, è imposto di distinguere in modo dettagliato tra le variazioni sostanziali e non sostanziali delle condizioni contrattuali originarie.
Ogni variazione al contratto in corso d’esecuzione dovrà essere adeguatamente motivata, giustificata unicamente da condizioni impreviste o imprevedibili e debitamente autorizzata dalla stazione appaltante assicurando sempre la possibilità alla p.a. di risolvere il contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all’importo originario del contratto. A riguardo, la stazione appaltante sarà tenuta a comunicare all’ANAC le variazioni in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria in quanto la mancata o tardiva comunicazione sarà sanzionabile dall’ANAC stessa.
Già l’art. 37 del d.l. n. 90/2014 prevedeva che all’ANAC venissero comunicate le varianti approvate in corso d’opera eccedenti il dieci percento dell’importo contrattuale originario in un appalto sopra soglia, ma non era previsto alcun potere sanzionatorio in capo all’Autorità Anticorruzione che svolgesse un’effettiva funzione deterrente. Non a caso da una prima applicazione dell’art.37 si era registrato un livello di adempimento decisamente carente con un termine medio di trasmissione delle informazioni sulle varianti doppio rispetto a quello previsto.
È immaginabile che l’ANAC, pur non avendo fino a ora dei poteri vincolanti riguardo al fenomeno delle varianti, possa segnalare ogni irregolarità alla Corte dei Conti o eventuali profili di illegittimità o di sospetta illeceità all’autorità giudiziaria competente. L’art. 37 in esame, infatti, utilizza un’espressione vaga prevedendo che l’ANAC possa compiere delle valutazioni e adottare provvedimenti di sua competenza. Nonostante il sistema di comunicazione delle varianti sia in corso di perfezionamento, ha già rivelato delle criticità sistematiche in materia mettendo in luce quanto sia frequente il difetto di coerenza delle motivazioni dietro l’approvazione di una variante, la ricorrenza di varianti approvate dopo l’esecuzione dei relativi lavori al fine di regolarizzare un’opera già eseguita, la presenza di varianti qualificate come migliorative senza un riscontro dell’effettiva miglioria apportata, il ricorso a più fattispecie modificative all’interno della stessa variante e la frequente mancanza di un chiaro nesso funzionale tra l’oggetto del contratto e la variante approvata.
L’importanza di un controllo effettivo sulle varianti è dovuta al fatto che queste possono vanificare la procedura di gara legittimamente svolta dando la possibilità alla p.a. e all’appaltatore di apportare delle variazioni senza alcun controllo esterno dato che vengono decise unilateralmente dalla p.a. oppure a seguito di un contraddittorio con il privato senza rispettare particolari oneri di pubblicità o di trasparenza.
In termini generali la riforma degli appalti auspica un rafforzamento delle funzioni di organizzazione, di gestione e di controllo delle stazioni appaltanti anche in merito alla fase esecutiva dell’appalto con verifiche effettive e non meramente documentali, prevedendo anche un adeguato regime sanzionatorio nei casi di controlli omessi o lacunosi. Quella che si evince è un’attenzione nuova alla corretta esecuzione dell’appalto data dal fatto che il legislatore così come la p.a. sembrano più attenti alla fase pubblicistica di scelta dell’aggiudicatario e meno alla gestione del contratto una volta stipulato.
Riguardo al coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) nel mercato degli appalti pubblici, la legge delega presta attenzione alla suddivisione degli appalti in lotti, agli aspetti vantaggiosi della territorialità delle prestazioni, alle ricadute sui livelli occupazionali che la partecipazione delle MPMI comporterebbe, ma prevede anche la possibilità di introdurre delle misure premiali per gli appaltatori che coinvolgano queste imprese nell’esecuzione dell’appalto e delle misure a sostegno delle MPMI subappaltatrici.
In merito al subappalto, il legislatore italiano condivide con quello comunitario il timore che l’appaltatore non adempia le obbligazioni verso il subappaltatore e che ricadano su quest’ultimo, soprattutto se si tratta di una MPMI, le condizioni di crisi di liquidità finanziaria del primo.
Già la legge 11 novembre 2011, n. 180, nel quadro dello Statuto delle imprese, prevedeva che, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese a un rapporto diretto con la p.a., questa dovesse evidenziare nei bandi di gara la possibilità di corrispondere direttamente i pagamenti per le prestazioni subappaltate. Si trattava di una deroga al Codice dei contratti pubblici che invece lascia alla discrezionalità della stazione appaltante la decisione di prevedere nel bando di gara il pagamento diretto del subappalto dato che si tratta di un contratto autonomo rispetto all’appalto pubblico.
Con questa decisione la stazione appaltante evita i rischi di sospensioni o di ritardi nell’esecuzione conseguenti, da un lato, alla necessità di bloccare i pagamenti nei confronti degli appaltatori inadempienti verso il subappaltatore e, dall’altro, al probabile ostruzionismo in fase esecutiva che potrebbero porre in essere gli stessi subappaltatori. Allo stesso tempo la p.a. potrebbe consolidare il rapporto contrattuale con le imprese subappaltatrici anche più piccole, scongiurare i comportamenti fraudolenti dell’appaltatore, assicurare la tracciabilità dei pagamenti stessi mentre i subappaltatori riuscirebbero a ottenere il pagamento delle prestazioni eseguite e l’appaltatore potrebbe evitare o sanare situazioni di insolvenza verso i subappaltatori mediante l’utilizzo di somme teoricamente a essi spettanti.
È per questo che la legge delega n. 11/2016 prevede che la stazione appaltante trasferisca i pagamenti dovuti all’appaltatore direttamente al subappaltatore nel caso di inadempimento dell’impresa principale o anche su richiesta del subappaltatore ma soprattutto stabilisce che si dovranno individuare espressamente le fattispecie in cui la p.a. procederà al pagamento diretto se il subappaltatore fosse una MPMI .
Riguardo al subappalto, infine, la legge delega prevede che vengano individuate le tipologie di appalto per cui in sede di gara ciascun concorrente è tenuto a indicare, oltre alle prestazione che intende subappaltare, una terna di nomi di possibili subappaltatori per ciascuna delle prestazioni subappaltabili.
La legge delega, inoltre, auspica che sotto la direzione dell’ANAC si realizzi un sistema amministrativo di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici e di quelle subappaltatrici prevedendo anche uno specifico regime sanzionatorio nei casi di omessa o tardiva denuncia e individuando le norme del nuovo Codice la cui violazione determinerà la comminazione di sanzioni amministrative da parte dell’ANAC.
Tra le altre indicazioni della legge delega viene ribadita l’importanza di razionalizzare metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto, soprattutto disciplinando il ricorso alle procedure arbitrali nel rispetto dei principi di trasparenza, celerità, economicità e imparzialità.
Riguardo invece al controllo affidato al collaudatore sulla corretta esecuzione dei lavori pubblici, si auspica una revisione della disciplina di affidamento degli incarichi di collaudo ai dipendenti appartenenti alla p.a. che scongiuri fenomeni di incompatibilità o conflitti di interessi. L’intenzione è quella di vietare la nomina quando la sede dell’amministrazione di appartenenza del collaudatore sia la stessa in cui si esegue un appalto di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria e soprattutto di limitare l’importo del corrispettivo dovuto al collaudatore.
Complessivamente l’obiettivo della riforma è quello di creare un sistema di appalti pubblici semplificato, basato su poche regole che rendano i soggetti pubblici più liberi e allo stesso tempo più responsabili di agire e soprattutto di trattare e di dialogare con le imprese. In questo nuovo sistema l’ANAC è chiamato a controllare i soggetti che vi operano nel senso di orientarli, senza sfociare nel dirigismo, in un mercato sempre più aperto e concorrenziale, ma soprattutto sano nel senso di adeguato a standard di legalità riconosciuti in tutta Europa.