di Cristiana Mangano
Siamo inclini a ritenere che i problemi di legalità, i problemi di ingiustizie e quelli di “disparità” di diritti, siano una costante esclusiva del nostro paese. Crediamo che solo la nostra nazione sia nata e cresciuta sotto l’ala del malfunzionamento amministrativo, e che nel resto del mondo le cose siano diverse. Crediamo che gli altri paesi abbiano un nucleo forte e stabile di leggi che disciplinano ogni situazione secondo equità. E dell’America, tutto ciò, lo pensiamo più fortemente.
In realtà, sempre con riguardo all’argomento dell’espropriazione e del conseguente indennizzo, anche negli Stati Uniti (ebbene sì!) non è sempre stato tutto chiaro e limpido, non si è sempre agito nell’interesse del cittadino e, soprattutto, anche lì (nel paese che nel sentire comune dovrebbe essere quello più incline a tutelare i diritti di tutti senza alcuna distinzione), suddetto argomento ha subìto notevoli cambiamenti e non è ancora arrivato ad una statuizione che disciplini fortemente e senza dubbio alcuno i regulatory takings.
La storia del diritto americano successivo alla Costituzione ha subìto, come è normale, cambiamenti concernenti la visione del diritto di proprietà, e le sue conseguenti ramificazioni. L’obbligo di fornire un equo indennizzo a seguito della sottrazione di una proprietà, non è stato un principio accettato immediatamente, né tantomeno prontamente costituzionalizzato.
L’ideologia repubblicana, dominante alla fine del XVIII secolo sosteneva l’idea per la quale i diritti individuali erano sacrificabili, e dunque relegati in una posizione secondaria, in nome del “bene comune”.
È importante quindi individuare il momento storico nel quale fu consacrato, almeno sulla carta, il principio secondo il quale “nessuna proprietà privata può essere destinata ad un uso pubblico senza un giusto indennizzo”. E questo avviene con l’inserimento di tale principio nel Quinto Emendamento adottato con il “Bill of Rights” del 1791 detto anche eminent domain clause o takings clause.
Si trovano diversi punti in comune con il nostro ordinamento, e forse questo ci può consolare un po’, soprattutto per quanto riguarda l’affermazione di una idea di fondo che è stata oggetto di diverse pronunce, che è quella secondo la quale lo Stato debba fornire al proprietario di un terreno sottratto, un indennizzo giusto ed equo (just compensation) che corrisponda al fair market value (giusto prezzo di mercato) della proprietà al momento dell’espropriazione .
L’ingerenza dello Stato nel libero godimento della proprietà privata per fini di pubblica utilità è una costante degli ordinamenti contemporanei. Questa ingerenza trova la sua giustificazione nell’importanza di garantire allo Stato la possibilità di individuare ed ottenere le risorse di cui necessita, in maniera celere. Negli Stati Uniti, ma non solo, tale ingerenza è, chiaramente, aumentata in maniera proporzionale allo sviluppo della società e alle conseguenti e crescenti necessità di ciascun governo.
Tale ingerenza è stata regolamentata attraverso l’adozione dei c.d. regulatory takings i quali hanno messo in evidenza come si sentisse la necessità di garantire un più ampio raggio d’azione allo Stato.
Si pensi ad esempio al caso in cui si legittima l’adozione di piani di sviluppo urbanistico che permettano (o vietino) di edificare in alcune zone oppure creino vincoli paesaggistici su determinate aree. Questa regolamentazione può, come è chiaro, comportare una variazione di utilizzabilità e modificare, di conseguenza, il valore della proprietà.
La definizione di takings ai sensi del Quinto Emendamento e la conseguente pretesa di un indennizzo a carico dello Stato, non è una situazione facilmente gestibile dalla giurisprudenza americana, né tanto meno è suscettibile di pronta soluzione.
La questione che si pone come il “cuore del problema” è se una regolamentazione della proprietà privata costituisca o meno un’interferenza da parte dello Stato con il diritto di proprietà di cui ciascun individuo è titolare. E nel caso di risposta affermativa ci si chiede se detta regolamentazione, costituendo una eminent domain, debba coadiuvarsi con la relativa tutela costituzionale garantita per tali casi.
Ciascun ordinamento ha una coscienziosa evoluzione delle sue prerogative. Quella degli Stati uniti può essere analizzata a partire dal 1887, momento in cui la Suprema Corte ha affrontato per la prima volta il problema riguardante la ricerca di un giusto indennizzo, affermando che “la mera imposizione di un divieto di utilizzare una proprietà per fini dichiarati dalla legge contrari alla salute sanità e morale pubblica non può essere considerata un’espropriazione” con conseguente esclusione di qualsivoglia indennizzo .
Il bilanciamento di interessi tra le necessità pubbliche di un governo e la tutela dei diritti fondamentali degli individui, è sempre stata il fulcro dell’attività di molti governi moderni e contemporanei. In merito a tale bilanciamento la Corte Suprema americana ha cominciato ad individuare e fissare alcuni standards che per lungo tempo sono stati considerati come balancing test per definire le pretese di indennizzo nella giurisprudenza dei regulatory takings. Tali standards servivano per determinare se l’azione regolatrice dello Stato fosse legittima o meno. Come ogni Corte che si rispetti, anche quella americana è più volte tornata sui suoi passi, oscillando tra il caso in cui il police power debba essere limitato solo dalla discriminazione e dall’arbitrarietà, e tra quello in cui è necessario che lo stesso non svuoti la proprietà di ogni “ragionevole godimento”.
Un caso che merita di essere ricordato è il celebre Lucas v South Carolina Coastal Council , 505 U.S. 1003 (1992). Il Signor Lucas vide il suo diritto di proprietà compresso e compromesso da una regolamentazione del suolo introdotta con il “Beachfront Menagement Act” che prevedeva un successivo divieto di costruzione sul suo terreno legittimamente acquistato. Il signor Lucas fece causa rivendicando il fatto che, poiché il “Beachfront Menagement Act” rendeva essenzialmente il suo terreno privo di valore, si trattava di una espropriazione a norma del Quinto Emendamento, e lo stato ribadì che la regolamentazione rappresentava, invece, un legittimo esercizio del potere statale poiché proteggeva un’importante risorsa pubblica.
Il cambiamento può, come è ovvio, portare ad ulteriori dubbi su quello che un soggetto deve aspettarsi, su quello che, lo stesso può o non può fare. Ma non si può negare l’importanza che, in una società moderna, il cambiamento assume. La situazione successiva ad esso, però, porta instabilità, e se la riferiamo alla compravendita di terreni può scoraggiare gli investimenti in una determinata zona.
Gli investitori infatti vorrebbero poter contare su una sorta di prevedibilità dei cambiamenti nelle regole legali, ma questi sono “più imprevedibili di un terremoto”, tanto che é sorto un vero e proprio mercato delle predizioni dei rischi da regulatory. Il PRS Group, un’agenzia di consulting, che fornisce informazioni a più dell’80% delle più grandi compagnie del mondo, produce una Guida Internazionale del Rischio fornendo rating “finanziari, politici ed economici” per 140 paesi. La guida include indicatori tipo “Rischio di Esproprio” “Rischi di Repudiation” di contratti da parte dei governi.