Sul Corriere della Sera è stato, recentemente, pubblicato un articolo relativo al sistema di valutazione degli insegnanti, come disciplinato dal nuovo d.d.l. Scuola. In esso, in particolare, si analizzano gli ordinamenti dei Paesi europei sprovvisti di una valutazione formale e quelli dei Paesi che, invece, già da tempo hanno introdotto sistemi simili. L’articolo risulta essere interessante anche per una sua lettura congiunta con quello segnalato, qualche giorno fa, dal dott. Mocavini (How to grade a teacher), relativo alle proposte per la valutazione dei professori negli Stati Uniti.
In Italia il nuovo d.d.l. introduce, per la prima volta, un sistema di valutazione: il progetto, nello specifico, prevede che i professori vengano valutati da un comitato presieduto dal preside e composto da tre insegnanti, due genitori e un componente esterno; la valutazione ha ad oggetto, in particolare, la qualità dell’insegnamento, il potenziamento delle competenze degli studenti e l’innovazione didattica e metodologica. Al termine del processo di valutazione si prevede la possibilità di assegnare un premio in denaro, per il quale verrebbe istituito un apposito fondo.
Al di là delle polemiche createsi sul punto, la proposta costituisce una sicura novità nel nostro ordinamento. Difatti, in altri Paesi, sprovvisti, al pari del nostro, di sistemi di valutazione degli insegnanti, l’assenza di controlli o valutazioni formali è stata comunque “recuperata” in altro modo: l’articolo riporta, infatti, l’esempio della Finlandia dove la qualità degli insegnanti è garantita a monte da un sistema di selezione particolarmente severo; oppure dell’Olanda, dove si prevedono regolari colloqui tra dirigenti scolastici e professori.
Significativi, in proposito, i dati contenuti nell’ultimo rapporto della rete Eurydice, che analizza le politiche che regolano la professione di insegnante nei 28 Stati membri. Dal rapporto emerge che sono diffusi principalmente tre sistemi di valutazione: quella affidata al capo di istituto, quella affidata ad un soggetto esterno e, infine, il sistema che prevede l’autovalutazione.
Dall’indagine effettuata emerge come l’assenza di sistemi di valutazione comporti sicuramente una maggiore libertà per gli istituti scolastici; tuttavia, come si legge nel Rapporto Eurydice, “tale approccio ha un doppio risvolto: da una parte, potrebbe condurre ad un sistema in cui gli insegnanti non ricevono sufficiente feedback e supporto per migliorare il proprio operato; dall’altra potrebbe portare a un sistema di valutazione flessibile tagliato su misura sul singolo insegnante”.
Leggi qui l’articolo del Corriere della Sera.
Benedetta Barmann