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I COMPENSI DEGLI ORGANI AMMINISTRATIVI DI VERTICE: COSA ACCADRA’ NEL 2025?

6 novembre 2024

A cura di Martina Bordi

Lo scorso 23 ottobre, il Governo, a seguito della bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, ha presentato al Parlamento il disegno di legge di bilancio 2025.

Tra le novità introdotte nel disegno di legge ha suscitato molto scalpore, nel dibattito pubblico, l’art. 111 rubricato – Misure in materia di organi amministrativi degli enti.

L’articolo in esame prevede che, i compensi corrisposti agli organi amministrativi di vertice degli enti e degli organismi di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009, nonché degli enti, organismi e fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, contributi a carico della finanza pubblica, non possono superare il limite dell’importo annuo corrispondente al 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo spettante al primo Presidente della Corte di cassazione (pari a euro € 241.080,00).

I soggetti destinatari della disciplina dell’art. 111 sono individuati nella legge n. 196/2009, recante Legge di contabilità e finanza pubblica, con cui il legislatore aveva inteso razionalizzare e potenziare il complesso delle regole e delle procedure che presiedono il sistema delle decisioni di bilancio.

In particolare, l’articolo 1, comma 2, dispone che, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i soggetti indicati ai fini statistici nell’elenco ISTAT, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell’Unione europea, le Autorità indipendenti e le amministrazioni pubbliche, come definite dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001: si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, tra le quali, ad esempio, le scuole di ogni ordine e grado, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, le Regioni, le Province e i Comuni.

La proposta normativa, contenuta nel ddl bilancio, al secondo comma, dispone che per organi amministrativi di vertice si intendono coloro che svolgono attività di amministrazione attiva e consultiva degli enti e degli organismi, comunque denominati dai rispettivi ordinamenti, organizzati anche in forma collegiale.

In particolare, gli organi amministrativi di vertice degli enti e degli organismi tra le amministrazioni pubbliche, che saranno soggetti alle misure saranno individuati, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della disposizione (quindi entro il 29 giugno 2025), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.

Dall’applicazione del 1 comma dell’art. 111 vengono escluse le autorità amministrative indipendenti e le società, per le quali la determinazione dei compensi degli organi di amministrazione avviene ai sensi dell’articolo 11, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 175/2016.

Quest’ultimo articolo prevede che, per le società a controllo pubblico, il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto, individua cinque fasce di classificazione delle società attraverso indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi.

A ciascuna fascia corrisponde, in proporzione, un limite di compenso annuo massimo percettibile che non potrà eccedere la soglia di euro 240.000 annui, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali, tenendo altresì conto di eventuali ulteriori compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da società a controllo pubblico.

Esclusi altresì dall’applicazione della disposizione sono gli organi costituzionali e a rilevanza costituzionale, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali e i loro organismi ed enti strumentali, gli Enti gestori di forme obbligatorie di assistenza e previdenza, l’ISTAT, l’INPS, l’INAIL, le Agenzie fiscali.

Inoltre, non sono soggetti al tetto i trattamenti economici e gli emolumenti comunque denominati per l’esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate o in ragione di rapporti di lavoro subordinato, erogati dalle autorità amministrative indipendenti, dagli enti pubblici economici e dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001.

A legislazione vigente, il trattamento economico degli organi amministrativi di vertice è disciplinato dagli art. 23 bis e 23 ter del d.l. n. 201/2011, così come modificato dal d.l. n. 66/2014, in un contesto di approvazione di misure di contenimento della spesa pubblica.

Inizialmente, fu introdotto un limite massimo retributivo per tutto il personale pubblico, fissato in euro 240.000, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente.

Il limite massimo retributivo di euro 240.000 fu individuato parametrando il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione.

I soggetti destinatari della misura erano stati individuati in qualsiasi soggetto che riceveva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. 

La determinazione puntuale della cifra era stata demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: il d.P.C.M. del 23 marzo 2012 ha quantificato in 293.658,95 euro tale indice.

In particolare, il d.P.C.M. ha definito, in relazione alle diverse funzioni svolte, il trattamento economico erogabile, fermo restando il parametro massimo di riferimento.

Successivamente, la legge di stabilità 2014 ha esteso l’ambito di applicazione soggettivo del limite previsto dall’art. 23-ter del d.l. n. 201/2011, il quale trovava applicazione, dal 1° gennaio 2014, anche nei confronti di chiunque riceveva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo con le autorità amministrative indipendenti e, anche, agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.

La misura contenuta nel disegno di Legge di Bilancio 2025, che, in termini quantitativi, fissa nella misura di circa 120.000 euro lordi il trattamento massimo erogabile, ha suscitato non poco scalpore nel dibattito pubblico.

Tra le perplessità sorte si è posto l’accento sull’esclusione dal novero della disciplina, in base al comma 4, dell’art. 111, alle Casse di Previdenza dei Professionisti.

Questa esclusione suscita perplessità poiché, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono gli Enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’ISTAT, effettuato in base all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, tra i quali, per l’appunto, rientrano le Casse di Previdenza dei Professionisti.

A fortiori, il Consiglio di Stato si è espresso sul carattere pubblicistico delle Casse di Previdenza dei Professionisti e quindi sulla legittimità del loro inserimento nell’elenco ISTAT delle Pubbliche Amministrazioni.

A rigor di logica, proprio per la sua natura giuridica, dovrebbe rientrare nell’ambito applicativo del 1 comma dell’articolo in esame.

La ratio della misura si sostanzia in un inno al ridimensionamento e al risanamento della spesa pubblica. Bisogna, tuttavia, interrogarsi sulla propositività della stessa.

Lo snodo centrale riguarda la necessità di reclutare personale con competenze specialistiche e doti manageriali, in grado di far competere e rendere attrattivo il lavoro pubblico.

Varie riforme nel corso degli anni, inneggiate alla necessità di tagliare la spesa pubblica hanno invece, al più, alimentato un taglio alla qualità dei servizi, comportando un abbandono dei migliori e la pigrizia di altri.

Un maggior efficientamento della Pubblica Amministrazione potrebbe, invero, essere conseguito attraverso l’inserimento di un sistema meritocratico.

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