5/12/2023
La Corte costituzionale si è pronunciata con un’importante sentenza in tema di delegificazione, sent. n. 138/2023.
In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 della legge della Regione Campania n. 8 del 2010 riguardante “Norme per garantire l’efficienza e l’efficacia dell’organizzazione della Giunta regionale e delle nomine di competenza del Consiglio regionale.”.
L’articolo 2 comma 1, legge reg. n. 8/2010 autorizzava la Giunta regionale a disciplinare, con regolamento, il proprio ordinamento amministrativo in osservanza di criteri generali, come l’imparzialità, il buon andamento, la razionalizzazione organizzativa e in attuazione dei principi dell’attività amministrava posti dallo Statuto regionale.
A seguito dell’entrata in vigore del suddetto regolamento, ai sensi del secondo comma della norma oggetto del giudizio di legittimità, fu abrogata la legge regionale 11/1991 che, precedentemente, regolava l’ordinamento amministrativo della Giunta regionale.
Il nuovo regolamento, concernente l’ordinamento amministrativo, veniva quindi approvato dalla Giunta nel 2011, ex art. 2 l. reg. 8/2010.
La vicenda, che ha dato luogo alla decisione della Corte costituzionale, trae origine dal ricorso al Tar presentato da FEDIRETS (Federazione dirigenti e direttivi – Enti territoriali e sanità) contro la Regione Campania.
In particolare, l’associazione sindacale rappresentante gli interessi dei quadri direttivi e dei dirigenti regionali FEDIRETS, impugna, innanzi al Tar Campania, il regolamento disciplinante l’Ordinamento amministrativo della Giunta regionale e le delibere modificative ed integrative dello stesso.
Il ricorrente sosteneva l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, leg. reg. n. 8/2010 per contrasto con l’art. 123 della Costituzione in ragione della violazione dell’interposto art. 56, 4 comma dello Statuto regionale poiché, il legislatore regionale, nell’autorizzare la Giunta ad emanare con regolamento l’ordinamento amministrativo, non ha previsto norme generali che regolassero la materia, come previsto dal 4 comma, limitandosi a far riferimento a principi generali dell’azione amministrativa senza delineare un modello organizzativo a cui il regolamento potesse fare riferimento.
Il Tar Campania giudica infondati i profili di illegittimità costituzionale, respingendo integralmente il ricorso poiché il legislatore regionale, secondo la Corte, ha rispettato l’obbligo imposto dallo statuto di indicare al legislatore delegato, in questo caso alla Giunta, le norme regolatrici della materia.
La decisione veniva impugnata da FEDIRETS.
Il Consiglio di Stato considera la questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestatamente infondata per il giudizio, poiché un eventuale accoglimento eliminerebbe il presupposto normativo (art. 2 leg. reg. n. 8/2010) sul quale si basa il regolamento stesso.
Il Collegio, nel porre in luce l’istituto della delegificazione presente all’art. 56, 4 comma, ammette la necessità di norme generali regolatrici della materia nella legge di autorizzazione, dunque nella legge reg. n. 8/2010, che concilino l’istituto della delegificazione con i principi costituzionali.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, evidenziato che l’art. 2, 1 comma della legge regionale n. 8/2010, nel fare riferimento ai principi e ai criteri che la Giunta doveva seguire nella predisposizione del regolamento, facesse riferimento a dei criteri che non sono altro che mera riproduzione di principi fondamentali generali dello Statuto, costituzionalmente orientati e inderogabili.
Pertanto, tali criteri risultavano, secondo il giudice rimettente, inidonei ad indirizzare la Giunta verso un modello di organizzazione amministrativa preciso, lasciandola svincolata da norme di riferimento più puntuali.
La Corte costituzionale accoglie la questione, allineandosi a quanto sostenuto dal remittente: la norma censurata postulava principi generali già vincolanti dal dettato costituzionale, e dunque ovvi e non sufficienti a predisporre una disciplina stringente delle prerogative della Giunta. Secondo la Corte, infatti, l’attitudine delle norme generali a regolare la materia si misura anche in relazione alla loro inerenza con l’oggetto della delegificazione.
La legge, inoltre, recando norme generali regolatrici solo per profili parziali e privi di organicità, permetteva al regolamento di invadere spazi in precedenza coperti da norme legislative.
Dalla sentenza della Corte costituzionale emerge come la Regione Campania si sia adeguata ad una tendenza generale di rendere più flessibile la disciplina dell’ordinamento amministrativo regionale, attraverso l’utilizzo dei regolamenti.
Difatti, l’art. 56 4 comma dello statuto regionale riproduce quasi letteralmente il comma 2 dell’art. 17 della legge 400/88 in tema di regolamenti governativi autorizzati alla delegificazione.
Come ribadito da diverse sentenze della Corte costituzionale, la legge di autorizzazione alla delegificazione deve adeguarsi allo statuto regionale, che è fonte sovraordinata con conseguente illegittimità della norma primaria contraria (sent. 178/2019).
Secondo la Corte, compete alla legge determinare il grado di analiticità con il quale disciplinare talune situazioni e lo spazio che può essere aperto alla fonte secondaria. Quest’ultima risulta più efficace nel disciplinare profili di minore impatto sulla vita delle istituzioni essendo in grado di evolvere a seconda delle necessità.
La funzione delle norme generali regolatrici della materia è di delineare il raggio d’azione del regolamento oggetto di delegificazione, avendo le stesse una funzione delimitativa più stringente rispetto a principi e criteri direttivi. Il regolamento non deve completare o integrare la legge primaria ma il suo obiettivo è di sviluppare ulteriormente le norme generali regolatrici della materia.
La Corte, nel delineare le direttrici su cui si fonda il regolamento ribadisce l’importanza anche delle norme di scopo. Queste ultime devono indirizzare il regolamento verso un obiettivo specifico, integrando le norme generali regolatrici della materia. La finalità descritta dalla norma offre un parametro di legalità del regolamento.
L’obiettivo enunciato dal legislatore, quindi, non deve avere tratti di genericità tali da svuotarlo di ogni profilo prescrittivo e dunque della sua funzione di orientare la potestà regolamentare e di costituire uno standard valutativo. Attraverso questa sentenza, la Corte delinea il quadro normativo generale entro cui deve muoversi il regolamento. La fonte secondaria, grazie alla sua natura elastica riesce a disciplinare profili di minore impatto sulla vita delle istituzioni. Tuttavia, ciò non toglie che vi devono essere delle norme regolatrici della materia che risultino precise nell’obiettivo che deve perseguire il regolamento e un quid plus rispetto a principi statutari costituzionalmente orientati che devono essere già di per sé perseguiti.