5/12/2023
A cura di Gian Marco Ferrarini
Il 9 ottobre scorso è stato convertito con la legge n. 136 il c.d. Decreto Omnibus (d.l. 104/2023) recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici. Tale provvedimento ha, tra le altre cose, introdotto importanti modifiche alla normativa concernente l’esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, conseguenziali, in parte, alla pubblicazione, avvenuta lo scorso luglio, della relazione annuale al Parlamento in materia di Golden Power per l’anno 2022.
La principale novità riguarda l’introduzione di un nuovo paragrafo all’articolo 2, co. 1-ter del d.l. 21/2012. Nella specie, la nuova disposizione prevede che: “In ogni caso, quando gli atti, le operazioni e le delibere hanno ad oggetto attivi coperti da diritti di proprietà intellettuale afferenti all’intelligenza artificiale, ai macchinari per la produzione di semiconduttori, alla cybersicurezza, alle tecnologie aerospaziali, di stoccaggio dell’energia, quantistica e nucleare, e alle tecnologie di produzione alimentare e riguardano uno o più soggetti esterni all’Unione europea, la disciplina del presente articolo si applica anche all’interno di un medesimo gruppo, ferma restando la verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri speciali.”
L’intervento legislativo de quo ha anzitutto esteso l’ambito applicativo della normativa Golden Power anche alle operazioni condotte all’interno di uno stesso gruppo societario (c.d. operazioni infragruppo), ciò però al ricorrere di due requisiti: in primo luogo tali operazioni devono coinvolgere soggetti esterni all’Unione europea; inoltre devono riguardare i settori strategici di cui sopra.
Pertanto, la novità introdotta col Decreto Omnibus segna una sostanziale differenza rispetto alla disciplina previgente. Invero, sebbene fossero in ogni caso soggette all’obbligo di notifica, le operazioni realizzate nell’ambito di un medesimo gruppo societario erano però oggetto di una apposita eccezione rispetto all’applicazione della disciplina sui poteri speciali: il governo, cioè, avrebbe potuto esercitare questi ultimi solamente nell’ipotesi in cui le operazioni infra-gruppo, come, ad esempio, il trasferimento della sede sociale in un paese non Ue, o il mutamento dell’oggetto sociale, oppure lo scioglimento della società e via dicendo, avessero contenuto elementi di attenzione strategica, quali la minaccia di grave pregiudizio alla sicurezza e al corretto funzionamento delle reti, e alla continuità degli approvvigionamenti o il pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico.
Per effetto del recente intervento normativo sembrerebbe dunque essersi determinata un’inversione nel rapporto regola-eccezione rispetto all’esercizio del Golden Power nei casi di operazioni infragruppo, rimanendo in ogni caso ferma la necessità di una preventiva verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’esercizio di tali poteri.
Proseguendo nell’analisi della disposizione, appare utile porre in evidenza un ulteriore dato: oltre ad incrementare l’ambito delle attività di rilevanza strategica,la nuova disciplina si focalizza, altresì, sulla categoria dei diritti di proprietà intellettuale. Prima di questo intervento normativo, infatti, l’unico rimando a tale categoria era quello contenuto nella normativa di attuazione, in particolare all’articolo 9 del d.p.c.m n. 179/2020, ove sono individuati come rilevanti ai fini dell’applicazione dei poteri speciali, i diritti di proprietà intellettuale relativi alle tecnologie critiche nel settore dell’intelligenza artificiale, della robotica, dei semiconduttori, della cybersicurezza, delle nanotecnologie e delle biotecnologie.
In forza della novità introdotta con il d.l. 104/2023, la categoria dei diritti di proprietà intellettuale risulta ora espressamente prevista anche nel d.l. 21/2012, in particolare all’articolo 2, co. 1-ter, e si estende non più solo ai settori indicati dal d.p.c.m. 179/2020 ma anche all’area delle tecnologie aerospaziali, di stoccaggio dell’energia, quantistica e nucleare nonché delle tecnologie di produzione alimentare.
In questo modo, il legislatore intende estendere l’attenzione non soltanto agli assetti legati al mero controllo societario, che pure rappresentano il cuore dell’intera disciplina del Golden Power, ma anche ai vincoli contrattuali che riguardano la proprietà intellettuale inerente, comunque, alle attività strategiche.
Nella nuova normativa, perciò, assumono rilevanza fondamentale per l’applicazione dei poteri speciali anche le proprietà intellettuali, da considerarsi, per l’appunto, beni primari, al pari delle partecipazioni societarie o del controllo di complessi aziendali di particolare interesse pubblico.
Le conseguenze di una simile scelta da parte del legislatore italiano sono evidenti: si finisce per incidere direttamente nelle future decisioni dei singoli gruppi societari, sui quali grava, ora, l’onere di valutare attentamente eventuali operazioni di centralizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, presso un’unica società, sia essa capogruppo o controllata, quando ne determinino il trasferimento all’estero.
Infatti, nonostante rimanga inalterata la catena di comando, è sufficiente che all’interno di un medesimo gruppo si verifichi il semplice passaggio dei diritti di proprietà intellettuale da una società, italiana, ad altra, straniera e non situata all’interno dell’Ue, affinché, in astratto, si attivi l’obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei ministri per ottenere il via libera preventivo al trasferimento che, in assenza della valutazione positiva da parte dell’autorità pubblica preposta, non può avere altrimenti luogo. La ratio sottesa alle nuove norme va rintracciata in un generico obiettivo di tutela e salvaguardia dell’industria italiana, specialmente in quei campi che rivestono un interesse pubblico per le tecnologie applicate e le invenzioni brevettate. Alla luce, poi, di una situazione geopolitica sempre più instabile e di un evidente conflitto tra potenze industriali, interessate ad acquisire le infrastrutture strategiche degli altri paesi e ad assimilarne le tecnologie, il legislatore italiano ha optato per un indirizzo conservativo e protezionistico. Non è un caso, infatti, che le misure analizzate trovino collocazione all’interno di un decreto che preveda anche un innalzamento a 10 anni del divieto di delocalizzazione per le grandi aziende che hanno usufruito di incentivi statali, pena l’obbligo di restituire gli incentivi ricevuti.