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IL SILENZIO-ASSENSO ORIZZONTALE SI APPLICA ANCHE AL PARERE RESO DALLA SOPRINTENDENZA

30/10/2023

A cura di Giulia Moscaroli

Con sentenza del 2 ottobre 2023, n. 8610, la Sezione IV del Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dal Ministero della Cultura per la riforma della sentenza del TAR Salerno, 4 novembre 2022, n. 2946.

La vicenda prende le mosse dall’istanza del proprietario di un terreno sito nel comune di Ascea finalizzata a ottenere il rilascio del permesso di costruire per l’edificazione di una residenza turistico-alberghiera. Trattandosi di zona assoggettata a tutela paesaggistica il proprietario formulava altresì domanda di autorizzazione paesaggistica.

Il comune di Ascea indiceva, il 27 marzo 2019, una conferenza di servizi decisoria in forma semplificata e con modalità asincrona, ai sensi dell’art. 14-bis legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di acquisire tutti gli atti di assenso necessari, ivi compreso il parere della Soprintendenza. Le amministrazioni coinvolte avrebbero dovuto esprimere la propria posizione entro il 1° agosto 2019. Il parere contrario della Soprintendenza, tuttavia, veniva espresso solo in data 10 febbraio 2020. Ciononostante, il comune procedente statuiva che “il dissenso espresso non fosse superabile senza apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza così come rappresentato dal parere contrario della Soprintendenza”.

Avverso tale decisione il proprietario adiva il TAR Salerno, che accoglieva il ricorso e annullava la determina negativa di conclusione della conferenza di servizi, ritenendo che la Soprintendenza non avesse rispettato il termine legalmente previsto – fissato in novanta giorni ove siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente e del paesaggio – per l’adozione del richiesto parere. L’inutile decorso di tale termine aveva, di conseguenza, generato la formazione del silenzio-assenso c.d. orizzontale (art. 17­-bis legge n. 241/1990) sull’istanza di autorizzazione paesaggistica, determinando l’inefficacia del parere negativo espresso tardivamente.

La decisione del Giudice di prime cure viene, quindi, impugnata dal Ministero della Cultura, il quale ritiene che il menzionato art. 17-bis si applichi soltanto ai rapporti orizzontali tra amministrazioni e non anche al procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Quest’ultimo, difatti, si caratterizza come un procedimento mono-strutturato, in cui prevale la volontà di una singola pubblica amministrazione; con la conseguenza che il comune dovrebbe comunque tenere conto del parere tardivo della Soprintendenza ai fini della determinazione in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Appare opportuno ricostruire, preliminarmente, la disciplina del silenzio-assenso orizzontale, così definito poiché si inserisce nei rapporti orizzontali tra le pubbliche amministrazioni coinvolte in un procedimento decisorio, come una forma di accordo implicito tra le stesse. L’istituto prende le mosse a livello comunitario dalla Direttiva Bolkestein 2006/123/CE, che fa riferimento al principio di tacita autorizzazione. A livello nazionale, invece, trova fondamento costituzionale nei principi di buon andamento e di trasparenza delle amministrazioni, di cui all’art. 97 Cost. Difatti, il meccanismo in questione incide sui tempi del procedimento, favorendone una tempestiva conclusione e assicurando una più efficace cura dell’interesse pubblico, nel tentativo di realizzare l’obiettivo di semplificazione dell’azione amministrativa.

A fronte del ricorso, il Consiglio di Stato, pur ricordando un indirizzo giurisprudenziale alla stregua del quale il silenzio-assenso orizzontale non sarebbe applicabile al parere reso dalla Soprintendenza in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ritiene di dover aderire all’orientamento di segno contrario. Quest’ultimo muove dalla premessa per cui tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione dell’autorizzazione paesaggistica, che rappresenta un provvedimento pluri-strutturato.

A sostegno di questa impostazione depone soprattutto il dato letterale dell’art. 17-bis, co. 3, legge n. 241/1990, a norma del quale le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili – tra i quali il paesaggio – beneficiano di un termine superiore, pari a novanta giorni, rispetto alle altre amministrazioni. Scaduto tale termine, tuttavia, sono sottoposte alla regola generale del silenzio-assenso. Il Collegio, sul punto, ricorda che il testo della legge, specialmente quando formulato mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria, rappresentando il punto fermo da cui il giudice deve muoversi nell’attività ermeneutica. La formulazione dell’art. 17-bis non pare generare alcuna lacuna che giustifichi l’applicazione di principi costituzionali da parte del giudice. Pertanto, occorre attenersi al dato letterale, che costituisce il primo criterio da seguire nell’interpretazione delle disposizioni legislative anche ai sensi dell’art. 12 disp. prel. c.c., che richiede all’interprete di attribuire alla legge il senso fatto palese dal significato proprio dalle parole secondo la connessione di esse.

Al contempo, tale lettura sembra anche essere l’unica in linea con l’intenzione del legislatore che, attraverso l’istituto di semplificazione di cui all’art. 17-bis, ha cercato di individuare un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta – positiva o negativa – entro termini ragionevoli all’operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica. La protezione del valore paesaggistico attribuisce, quindi, all’autorità tutoria non solo diritti, ma anche doveri e responsabilità. In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure nei termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione.

 Il Collegio considera, quindi, applicabile il silenzio-assenso orizzontale al parere della Soprintendenza, atteso che esso è «espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico». A diversa soluzione sarebbero pervenuti i giudici ove avessero riconosciuto a tale parere natura consultiva (artt. 16 e 17 legge n. 241/1990), con conseguente applicazione del silenzio devolutivo.

Per le summenzionate ragioni, il Consiglio di Stato respinge l’appello e conferma la sentenza del TAR.

L’indirizzo espresso nella pronuncia oggetto di esame, confermato anche dal parere del Consiglio di Stato del 13 luglio 2016, n. 1640, deve ritenersi condivisibile e preferibile alla luce dell’evoluzione registratasi nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino. In passato, infatti, si riteneva che la violazione del termine a provvedere non estinguesse il potere dell’amministrazione, stante la inesauribilità di quest’ultimo. L’affermarsi, viceversa, di una concezione del rapporto amministrativo in termini di dialogo tra cittadini e amministrazione ha indotto a ritenere che tale potere si consumi con l’inutile decorso del termine previsto a favore dell’autorità competente, al fine di garantire che l’azione amministrativa sia celere, stabile e certa.   Pare comunque opportuno rammentare che non si tratta di un orientamento pacifico. Basti considerare che la medesima Sezione IV del Consiglio di Stato, in una precedente pronuncia del 21 marzo 2023, n. 2836, si era espressa nel senso dell’inapplicabilità del meccanismo in questione all’autorizzazione paesaggistica, sulla scorta del rilievo che si tratterebbe di un procedimento mono-strutturato.

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