20/02/2023
A cura di Carlo Garau
Con la Sentenza n. 299 del 2 febbraio 2023, il Tar Sicilia si è espresso relativamente alla potestà regolamentare dei Comuni in materia di definizione delle aree su cui è possibile installare impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili, in particolare, nel caso di specie, impianti fotovoltaici.
La Sentenza in questione si ritiene meritevole di analisi in quanto consente di tracciare delle coordinate utili a ricostruire il riparto di competenze in un settore, quale quello della regolamentazione nel settore delle energie rinnovabili, interessato, da un’intensa produzione legislativa europea e nazionale, specialmente in un periodo in cui si impone con forza la necessità di favorire la massima diffusione delle fonti di energia alternative rispetto a quelle fossili-tradizionali
Il giudice amministrativo è stato chiamato a decidere sulla base del ricorso avverso il provvedimento del Comune di Castelvetrano di rigetto dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione mediante procedura abilitativa semplificata, ex art. 6, comma 2, d. lgs. n. 28/2011, per la costruzione di un impianto fotovoltaico di potenza di 900,00 kW e avverso il regolamento per l’installazione di impianti fotovoltaici adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 17 del 12.03.2014, nella parte in cui ha individuato le zone idonee e quelle inidonee all’istallazione degli specifici impianti fotovoltaici. Sulla base di quest’ultimo l’amministrazione comunale aveva disposto il rigetto, risultando il sito dell’impianto fuori dal perimetro delle aree definite idonee dal regolamento stesso, in quanto ricadente su area a destinazione d’uso agricola.
Il Tar Sicilia ha accolto il ricorso della Società dichiarando la nullità, per difetto assoluto di attribuzione, della delibera del Consiglio comunale e annullando il provvedimento di diniego adottato sulla base dello stesso.
Oltre ad aver ribadito il principio per il quale la disciplina, a qualsiasi livello, relativa all’autorizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili debba rispettare la riserva di procedimento, volta a garantire un bilanciamento degli interessi in concreto (v. Corte. Cost. 2019 n. 186), e pertanto non è legittimo prevedere la preclusione all’installazione di impianti in ragione della mera destinazione del sito, il collegio ha spiegato come il potere di regolare tale disciplina spetti soltanto alle Regioni, oltre che allo Stato e che queste ultime, inoltre, possano farlo entro specifici limiti stabili dalle Linee Guida nazionali per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (D.M. 10 settembre 2010 n.219), da leggere alla luce del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n.199 di attuazione della direttiva 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
Il giudice amministrativo considera quanto disposto dal Decreto Legislativo 29 dicembre 2003 n.387, il quale all’articolo 12, comma 10 prevede che le Regioni possono procedere all’indicazione di aree e siti non idonei in attuazione delle Linee Guida, che prevedono, a loro volta, la possibilità per le Regioni di procedere alla indicazione di aree e siti non idonei attraverso un iter procedimentale fondato su un’apposita istruttoria avente per oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, della biodiversità e del paesaggio rurale. All’esito di questa istruttoria, la Regione procede a indicare, nell’atto di pianificazione, l’inidoneità di ciascuna area in relazione a specifiche tipologie o dimensioni di impianti motivando le incompatibilità con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti dalle disposizioni che sono state individuate.
Inoltre, in questo caso, rileva anche quanto disposto dall’art. 20 del Decreto Legislativo 199/2021, il quale prevede che “le aree non incluse tra quelle idonee non possono essere dichiarate non idonee alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale o nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee” e che sulla base dei decreti attuativi (ancora non adottati) le Regioni individuano con legge le aree idonee. Fino al momento dell’adozione dei decreti ministeriali da ultimo richiamati alle Regioni non può essere impedito di esercitare la propria competenza (Corte Cost. 2022 n. 216) e, pertanto, possono definire con il procedimento sopra descritto quali aree sono da considerarsi inidonee all’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile.
Tuttavia, si ritiene opportuno segnalare, come in parte fa la sentenza, l’evoluzione del quadro normativo all’interno del quale si inserisce il potere delle Regioni. Non solo la disciplina del Decreto Legislativo 199/2021, come modificata da ultimo dalla L. 108/2022, che introduce, prima ancora che intervenga la disciplina regionale, aree idonee ex lege per le quali i processi autorizzatori sono semplificati, ma anche il Regolamento (UE) 2022/2577 che, all’art. 3, introduce una presunzione relativa secondo cui “i progetti relativi a impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono considerati di interesse pubblico prevalente e di interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi […]. Gli Stati membri possono limitare l’applicazione di tali disposizioni a determinate parti del loro territorio nonché a determinati tipi di tecnologie o a progetti con determinate caratteristiche tecniche, conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi piani nazionali integrati per l’energia e il clima”.
L’autonomia decisionale degli enti locali è, in questo contesto, negata, come riconosce il TAR. Ma, si potrebbe aggiungere, come anche lo spazio riservato alle Regioni proceda verso una contrazione. Oltre a principi già acquisiti da tempo, quali la riserva di procedimento, l’obbligo di istruttoria negli atti di pianificazione, si aggiunge ai recenti interventi normativi, come quelli menzionati di cui al D.Lgs. 199/2021, un principio, direttamente applicabile a ogni procedimento, di derivazione europea, per il quale si presume prevalente l’interesse alla massima diffusione delle energie rinnovabili. Potranno le Regioni, nel procedimento di definizione delle aree idonee, non tenere conto di quanto qui stabilito? Potrà il Governo, in ipotesi, impugnare atti regionali anche sulla scorta di questo principio?