20/02/2023
A cura di Giulia Moscaroli
Con la sentenza del 5 dicembre 2022, n. 10624, la Sezione Sesta del Consiglio di Stato si è pronunciata sul ricorso proposto dal Ministero della Cultura avverso la pronuncia del TAR Emilia Romagna, Sez. I, 3 giugno 2021, n. 542.
La vicenda prende le mosse dall’istanza volta a ottenere un permesso a costruire in sopraelevazione presentata dal proprietario di due unità abitative site nel parco Talon, area interessata da vincolo paesaggistico. La Sovrintendenza si esprime in modo favorevole in relazione all’istanza per la prima unità abitativa, ma emette un parere contrario il 2 ottobre 2020 sulla richiesta di sopraelevazione della seconda unità. Il parere negativo, dal quale consegue il diniego di autorizzazione paesaggistica del Comune, deriva dal fatto che, ad avviso della Sovrintendenza, la proposta di sopraelevazione costituirebbe «un’interruzione della lettura dei profili collinari e delle visuali», determinando anche un’«alterazione dell’equilibrio consolidato» nell’ecosistema vicino al fiume Reno.
Il proprietario impugna quindi il parere negativo della Sovrintendenza, deducendone in particolare l’illegittimità e la carenza di motivazione. Il TAR Emilia Romagna annulla il parere e il diniego comunale, argomentando che la rilevata interferenza con il profilo collinare risulta smentita dalla documentazione fotografia prodotta. Da ciò deriva che il parere sovrintendentizio è viziato da errore di fatto ovvero da erronea percezione dello status dei luoghi.
Il Ministero della Cultura propone appello avverso la citata sentenza, lamentando l’eccesso di potere giurisdizionale in cui è incorso il giudice di prima istanza nel travalicare il limite del sindacato di legittimità sulla discrezionalità tecnica. Il TAR, infatti, ha sostituito la propria valutazione, di carattere opinabile, a quella parimenti opinabile emessa dalla Sovrintendenza. Diversamente da quanto affermato dal Tribunale, la documentazione fotografica dimostra inoltre che l’intervento richiesto dal proprietario determina un’interferenza con il profilo paesaggistico tutelato.
Il Consiglio di Stato, a fronte delle doglianze presentate dall’appellante, ricostruisce la differenza tra la discrezionalità amministrativa e la discrezionalità tecnica. Sono riconducibili alla prima le decisioni politico-amministrative che si traducono in un bilanciamento tra interessi contrapposti, sulla base dell’accertamento e della valutazione dei fatti che la legge individua quali presupposto della scelta. Il sindacato del giudice amministrativo rispetto a tali decisioni pubbliche è «incentrato sulla ‘ragionevole’ ponderazione degli interessi, pubblici e privati, non previamente selezionati e graduati dalle norme».
Per quanto concerne la discrezionalità tecnica, questa si traduce nella formulazione di un giudizio tecnico a seguito della valutazione di fatti complessi, i quali richiedono particolari competenze tecnico-scientifiche. In questo caso, non vi è ponderazione di interessi, ma applicazione di standard tecnico-scientifici. In tali ipotesi, il giudice amministrativo dovrà dunque compiere un vaglio alla luce del più severo parametro dell’attendibilità tecnico-scientifica.
Vi sono ipotesi normative nelle quali il fatto complesso viene preso in considerazione nella sua dimensione oggettiva di «fatto storico», per cui gli elementi descrittivi della fattispecie possono essere accertati direttamente dal giudice amministrativo. In altre ipotesi, invece, il fatto è mediato dalla valutazione delegata all’amministrazione sulla base di nozioni scientifiche e tecniche. In nessun caso, ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, si può delimitare il sindacato del giudice amministrativo a una prospettiva critica meramente estrinseca. Non si possono, infatti, riconoscere ambiti di valutazioni riservate alla pubblica amministrazione non tangibili dal sindacato giurisdizionale.
Ove difettino dei parametri normativi stringenti, il giudice deve comunque valutare se la decisione pubblica sia convincente alla luce delle leggi scientifiche rilevanti e l’interessato può contestare l’accertamento amministrativo, essendo però onerato di dimostrare l’inattendibilità tecnico-scientifica. Il Collegio ritiene infatti che, solo ove l’interessato non assolva quest’onere e vi siano opinioni divergenti e plausibili, il giudice debba dare prevalenza alla posizione espressa dall’amministrazione competente.
Nel caso di specie, il proprietario ha assolto l’onere probatorio posto a suo carico, dimostrando l’inattendibilità della valutazione tecnica prospettata dalla Sovrintendenza in relazione all’asserita interferenza con il profilo collinare. Le opere di sopraelevazione richiesta, infatti, non alterano in modo significativo l’impatto percettivo del paesaggio, risultando indimostrata l’interruzione del profilo collinare.
Il Collegio condivide dunque quanto già statuito dal giudice di prime cure in relazione alla «sostanziale irrilevanza percettiva» del manufatto. Per questi motivi respinge l’appello presentato dal Ministero della Cultura.
Il tema dell’intensità del sindacato giurisdizionale sulle decisioni pubbliche è stato ampiamente affrontato dalla giurisprudenza, la quale non si è attestata sempre su posizioni concordanti. In senso conforme all’orientamento emerso dalla pronuncia analizzata, si può menzionare la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990 (relativa all’ampiezza dei poteri del giudice amministrativo in relazione alle sanzioni emesse dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), la quale ricostruisce l’evoluzione del sindacato giurisdizionale nell’ambito della discrezionalità tecnica.
Nella sua primigenia formulazione, infatti, il corollario di tale concetto era la delimitazione del controllo del giudizio sulle valutazioni complesse a una prospettivamente critica meramente esterna ed estrinseca. Ciò si giustificava alla luce del carattere ancillare della valutazione tecnica rispetto alla ponderazione degli interessi pubblici. Con il tempo tuttavia l’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha ristretto i margini operativi della discrezionalità tecnica, richiedendo al giudice una piena conoscenza del fatto e dell’iter logico seguito dall’amministrazione. Quando poi, come nel caso dedotto, si tratti di “fatto storico accertabile direttamente dal giudice”, questi «non deve limitarsi a verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date a quel problema alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto, bensì deve procedere ad una compiuta e diretta disamina della fattispecie».
È possibile ravvisare anche precedenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa difformi da quelli oggetto di analisi, soprattutto in tema di autorizzazioni paesaggistiche. È il caso della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 aprile 2022, n. 2697, che ritiene inammissibili le censure dell’appellante volte a sollecitare il giudice amministrativo, al di fuori dei casi tassativi di giurisdizione di merito di cui all’art. 134 del Codice del Processo Amministrativo, a sostituirsi alle «valutazioni ampiamente discrezionali» riservate alle autorità preposte alla tutela del paesaggio. Nello stesso senso anche la sentenza 11 gennaio 2022, n. 181, resa dalla Sezione Quarta del Consiglio di Stato, respinge le doglianze relative al mancato esercizio di un giudizio di merito da parte del giudice di primo grado. La limitazione del sindacato di merito del giudice amministrativo in relazione al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica era stata peraltro affermata anche dalla pronuncia del TAR Lombardia, Sez. III, 7 marzo 2019, n. 472, che aveva affermato che «i giudizi espressi dagli organi competenti in materia di autorizzazione paesaggistica sono connotati da un’ampia discrezionalità tecnico – valutativa, poiché implicano l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Tali giudizi, pertanto, sono sindacabili, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione nonché sotto il profilo dell’adeguata motivazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giurisdizionale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile».
Si tratta, dunque, di una questione dinamica, che ancora non trova posizioni univoche.