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GLI SPAZI COMMERCIALI COME LE SPIAGGE: LA PRONUNCIA DEL T.A.R. LAZIO

9/01/2023

A cura di Andrea Nardone

Con sentenza 17 giugno 2022, n. 8136, il T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, si è pronunciato in merito all’impugnazione – da parte della titolare di due autorizzazioni al commercio – del provvedimento dell’amministrazione di Roma con cui quest’ultima, ricorrendo in autotutela, aveva annullato l’avvio d’ufficio della procedura finalizzata al rinnovo delle concessioni dei posteggi per l’attività commerciale su aree pubbliche.

La concessione de qua, infatti, risultava scaduta al 31 dicembre 2020; tuttavia, la ricorrente si giovava dell’applicazione alla medesima dell’art. 181, co. 4-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio) che, in connessione con l’emergenza epidemiologica da COVID-19, aveva statuito il rinnovo per la durata di dodici anni, e dunque fino al 2032, delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con le modalità stabilite dalle Regioni entro il 30 settembre 2020.

Sulla scorta di tale disposizione, il Ministero dello Sviluppo Economico, all’interno delle Linee guida per il rinnovo delle concessioni di aree pubbliche – emanate nel novembre 2020 ed aventi a oggetto le concessioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche relativi a posteggi inseriti in mercati, fiere e isolati aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 – aveva previsto, in prospettiva semplificatoria, che i Comuni provvedessero d’ufficio all’avvio del procedimento di rinnovo e alla verifica del possesso, alla medesima data, dei requisiti previsti dalle medesime linee guida ai fini del rinnovo. L’amministrazione capitolina, in data 30 dicembre 2020, aveva pertanto puntualmente proceduto a comunicare l’avvio d’ufficio della procedura all’uopo necessaria; tuttavia, prima che l’iter esaurisse il suo corso, in data 15 febbraio 2021 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato forniva al comune di Roma il parere AS1720 , nel quale l’AGCM evidenziava come, anche per via delle disposizioni del Decreto Rilancio, il quadro normativo in materia di commercio su aree pubbliche fosse divenuto «impenetrabile all’applicazione dei principi della concorrenza»: per tali ragioni, l’Autorità invitava il comune di Roma a disapplicare l’art. 1, co. 686, della Legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) il quale, novellando gli articoli 7, lett. f-bis, e 16, comma 4-bis, del D. Lgs. 26 marzo 2010 n. 59 (di recepimento della Direttiva Bolkestein), aveva disposto la sottrazione del settore del commercio al dettaglio su aree pubbliche dall’ambito applicativo del diritto euro-unitario. Difatti, nella prospettiva dell’Antitrust, anche rispetto alle concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica – al pari di quanto come noto avviene per le concessioni demaniali marittime – dovrebbe trovare applicazione la Dir. 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein).

Con determina dirigenziale del 22 febbraio 2021, perciò, l’amministrazione tornava sui suoi passi, annullando in autotutela ex art. 21-nonies della L. 7 agosto 1990, n. 241, la comunicazione d’avvio del procedimento di rinnovo. La concessionaria, di conseguenza, ricorreva al T.A.R. Lazio, lamentando che non spettasse alle pubbliche amministrazioni il potere di disapplicare la normativa interna anti-comunitaria: tale prerogativa, nella ricostruzione da ella prospettata, spetterebbe unicamente al giudice, con effetti limitati alla singola causa. Inoltre, sempre nell’opinione della parte ricorrente, non sussisterebbero i presupposti per l’annullamento d’ufficio, richiesti dall’art. 21-nonies della l. 241/90, in quanto tale provvedimento non sarebbe stato anticipato da alcuna pronuncia passata in giudicato in merito al contrasto del decreto-legge 34/2020 con il diritto euro-unitario. 

Il T.A.R. Lazio, dopo aver ritenuto inammissibile, in via pregiudiziale, l’intervento ad adiuvandum della Federazione Italiana Venditori Ambulanti Confcommercio (Fiva) per carenza di interesse, rigettava il ricorso, considerando infondate le censure del ricorrente. Nel merito, il Tribunale rigettava innanzitutto la tesi secondo cui la P.A. non potrebbe disapplicare la normativa nazionale in contrasto con il diritto euro-unitario. In tema, venivano più specificamente richiamate le sentenze gemelle nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021 del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, riguardanti la materia delle concessioni demaniali marittime, in cui era stato come noto rilevato che il dovere di non applicazione della norma nazionale illegittima per violazione del diritto europeo si estende a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in generale ed i soggetti ad essi equiparati, e ciò non solo nel caso di regolamento, ma anche in ipotesi – quale quella della Direttiva Bolkestein – di direttiva “self executing”. D’altro canto, come rilevano i giudici del T.A.R. Lazio, opinare diversamente «significherebbe autorizzare la P.A. all’adozione di atti amministrativi illegittimi per violazione del diritto dell’Unione, destinati ad essere annullati in sede giurisdizionale, con grave compromissione del principio di legalità, oltre che di elementari esigenze di certezza del diritto».

La ricorrente, con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, censurava tuttavia l’estensibilità alla controversia in esame dei principi dell’Adunanza Plenaria, non essendo omogenee la fattispecie delle concessioni di spazi pubblici per attività di commercio e quella delle concessioni del demanio marittimo. In particolare, nel primo caso sarebbe difettato il requisito della «scarsità», richiamato dall’art. 12 della Direttiva Bolkestein quale presupposto per l’applicazione di procedure di selezione per il rilascio di autorizzazioni. Anche con riguardo a questo profilo, il T.A.R. richiama l’osservazione dell’Adunanza Plenaria nella sentenza 18/2021, secondo cui «il concetto di scarsità va, invero, interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della “quantità” del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi». Detto in altri termini, non tutte le aree commerciali sono uguali e fungibili; ciascuna, invece, possiede una sua unicità, specie in un contesto quale è quello di Roma.

L’applicabilità anche agli spazi commerciali della Direttiva Bolkestein – aggiunge il T.A.R. Lazio -discende dalla natura «trasversale» della materia della tutela della concorrenza nel diritto euro-unitario. Quest’ultima deve permeare anche i settori nei quali l’Unione europea è priva di ogni competenza, imponendo l’indizione di gare pubbliche, in definitiva, ogniqualvolta possa ritenersi sussistente un’occasione di guadagno. Gli spazi commerciali, in quest’ottica, sono assimilabili alle spiagge: infatti, il rilascio della concessione di un «parcheggio a rotazione» non può non tener conto, in una considerazione olistica, che sul bene, o attraverso il medesimo, il concessionario andrà a svolgere un’attività lucrativa.

Infondata risulta essere parimenti la censura della ricorrente che contesta la validità dell’annullamento in autotutela. Il T.A.R., difatti, chiarisce che, per fondare il potere di autotutela, l’illegittimità del provvedimento non richiede di essere preventivamente affermata in giudizio: una tale impostazione, subordinando quel potere ad una sentenza di un giudice, pregiudicherebbe i principi di buon andamento, imparzialità ed economicità che costituiscono il fondamento dell’autotutela stessa. A voler proprio cercare una sentenza da porre a fondamento di essa, poi, si possono invocare proprio le decisioni 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria, che hanno dichiarato il contrasto con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della dir. 2006/123/CE delle disposizioni di rinnovo automatico delle concessioni.

Da ultimo il T.A.R. Lazio, al pari di quanto già fatto dall’Adunanza Plenaria con le sentenze 17 e 18/2021, provvede a modulare gli effetti temporali della pronuncia. Così come i giudici di Palazzo Spada, in materia di concessioni balneari, avevano ritenuto di sospendere la disapplicazione della normativa nazionale anti-comunitaria fino al 31 dicembre 2023, al fine di assicurare alle amministrazioni i tempi «tecnici» per lo svolgimento delle gare e per consentire al legislatore la revisione del quadro normativo, così il T.A.R. precisa che la concessione oggetto del giudizio «mantiene efficacia fino al 31 dicembre 2023, previo accertamento della sussistenza degli ulteriori presupposti di legge». Dopo quella data la concessione cesserà di produrre effetti, ed eventuali nuove proroghe dovranno considerarsi senza effetto perché contrastanti con il diritto dell’Unione.

Tuttavia, c’è una differenza tra la sentenza in esame e quelle dell’Adunanza Plenaria: essa sta proprio nella diversa portata della proroga ope judicis. Nel caso delle sentenze gemelle, infatti, i giudici si erano riferiti alla pluralità delle «concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere», mentre nella pronuncia del T.A.R. Lazio, più limitatamente, si è guardato alla sola «concessione oggetto del giudizio». Per le altre concessioni di spazi commerciali sorge dunque il dubbio di quale debba essere il comportamento delle amministrazioni, magari di Regioni diverse dal Lazio: disapplicare subito, o aspettare il 2024?

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