28/04/2022
A cura di Andrea Nardone
Con sentenza 24 gennaio 2022 n. 116, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, a seguito della restituzione degli atti, ha fatto applicazione dei principi enunciati in materia di concessioni marittime dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 9 novembre 2021 n. 17, fornendo alcune istruzioni operative.
La società concessionaria Comet S.r.l. in primo grado aveva impugnato innanzi al T.A.R. Catania il decreto e gli atti ad esso prodromici con i quali l’Autorità di Sistema portuale dello Stretto (d’ora in poi AdSP) aveva rigettato l’istanza proposta dalla stessa Comet per «la estensione della validità della concessione demaniale marittima, ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n. 145». La società aveva quindi domandato l’accertamento «del diritto al riconoscimento dell’estensione della durata della concessione demaniale marittima».
A fondamento della propria decisione l’AdSP aveva posto il contrasto insanabile della normativa interna con i principi di matrice euro-unitaria di cui all’art 49 TFUE (libertà di stabilimento) e all’art. 12 della dir. 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein), un contrasto tale da rendere a suo giudizio necessaria la disapplicazione della legge nazionale in questione. In effetti, al co. 682 dell’art. 1, la citata legge n. 145/2018 operava una proroga di quindici anni – e quindi fino al 2033 – delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della stessa.
Il T.A.R. Catania, in estrema sintesi, ha riconosciuto la bontà del provvedimento di rigetto dell’AdSP, negando che ad essa, in quanto amministrazione e non organo giurisdizionale, fosse preclusa la disapplicazione di una normativa interna (come prospettato invece da tre pronunce coeve del novembre 2020 del T.A.R. Lecce)[1], riconoscendo l’applicabilità dei principi di matrice euro-unitaria in tema di libera prestazione dei servizi ed escludendo la configurabilità, nel caso di specie, di una situazione di legittimo affidamento da tutelare.
La società Comet S.r.l. proponeva appello: in particolare, oltre a lamentati difetti di natura procedimentale e di istruttoria, i motivi di doglianza riguardavano l’applicazione delle regole in tema di prevalenza del diritto dell’Unione Europea, anche alla luce del fatto che la proroga di cui alla legge n. 145/2018 era stata successivamente ribadita e rafforzata dal legislatore nazionale (art. 182 del DL n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020 e art. 100 del DL n. 104/2020).
In ragione della rilevanza economico-sociale della questione, il Presidente del Consiglio di Stato deferiva l’affare, ai sensi dell’art. 99, co. 2 c.p.a., all’Adunanza Plenaria, che si pronunciava con sentenza n. 17/2021. Con le sue cinquanta pagine, a parere di chi scrive la sentenza ha una vocazione paranormativa, per le importanti implicazioni che è possibile trarne per la disciplina del settore. In sintesi, l’Adunanza Plenaria ha stabilito che le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero disporre) proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrasto con il diritto euro-unitario – segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (la quale è applicabile ratione materiae e deve considerarsi self-executing) – e, pertanto, dovranno essere disapplicate, sia dall’autorità giudiziaria sia dalla pubblica amministrazione. Gli atti di proroga contenuti in provvedimenti della P.A. o in un giudicato favorevole sono travolti, senza la necessità che l’amministrazione ricorra in autotutela, in quanto l’effetto è disposto direttamente dalla legge, che ha «nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata». Da ultimo l’Adunanza Plenaria, a riprova della vocazione paranormativa della sentenza, ha deciso che «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia[…], le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023». Trattasi di una decisione che il Consiglio di Stato assume all’esito di un delicato bilanciamento tra interessi contrapposti: da un lato le esigenze della concorrenza e della libertà di stabilimento, dall’altro il legittimo affidamento ingenerato nei concessionari dalle reiterate proroghe ex lege. Rimane tuttavia auspicabile un intervento organico del legislatore: l’occasione per mettere ordine nella materia potrebbe essere fornita dalla delega contenuta nell’art. 2 del c.d. D.D.L. Concorrenza (A.S. 2469) per la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici. Va segnalato, peraltro, che un conflitto tra normativa interna e normativa euro-unitaria era già stato censurato nel 2016 dalla Corte di Giustizia nella sentenza Promoimpresa.
La sentenza n. 116/2022 del C.G.A.R.S. trae ancora le mosse dall’iniziativa della società Comet S.r.l., che, a seguito della restituzione degli atti da parte del Consiglio di Stato, con memoria aveva precisato le proprie richieste alla luce dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria. La società ribadiva la denuncia di un deficit istruttorio; lamentava la violazione delle guarentigie procedimentali (l’AdSP non avrebbe dato seguito alle memorie procedimentali ex art. 10-bis L. n. 241/1990 presentate in seguito al preavviso di rigetto); sosteneva, infine, che era stato omesso un parere obbligatorio del Comitato di gestione, previsto ai sensi della L. n. 84/1994.
In sede di discussione orale della causa nella pubblica udienza del 13 gennaio 2022 l’avvocato dell’appellante chiedeva, in subordine, un accoglimento parziale della domanda con proroga della concessione fino al 31 dicembre 2023. Infatti, l’attività imprenditoriale della società non era mai stata interrotta e risultava tuttora in corso.
Il Collegio, rigettando nel merito le censure sull’illegittimità del provvedimento dell’AdSP, proprio tenendo conto del fatto che l’attività non fosse stata mai interrotta, ha ritenuto di accogliere parzialmente la domanda di accertamento del diritto e ha pertanto riconosciuto l’efficacia della concessione demaniale marittima sino al 31 dicembre 2023. Come a dire: la proroga prospettata dal Consiglio di Stato vale per tutti. Sino a quella data i concessionari demaniali si troveranno ad essere “tollerati”, in una situazione analoga a quella degli occupanti abusivi di un alloggio in attesa di una soluzione. In realtà, non sembra che dalla sentenza 17/2021 del Consiglio di Stato discendano gli effetti di una vera e propria occupazione abusiva. Difatti, non ne deriva l’effetto previsto dall’art. 8 del d.l. n. 400/1993, recante Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime, che prevede una maggiorazione del 200% e del 100% del canone, rispettivamente, per l’occupazione senza titolo o difforme dal titolo di un bene demaniale marittimo; né tantomeno è configurabile una responsabilità penale del concessionario (si veda Cass. Pen., Sez. III, 14 maggio 2018, n. 21281, in cui si ritenne sussistente il reato di abusiva occupazione ex artt. 54 e 1161 del Codice della navigazione a seguito della disapplicazione della proroga legale a suo tempo disposta dal D.L. 26 giugno 2016, n. 113). I concessionari, invece, dovranno corrispondere il corrispettivo soltanto nella misura convenuta fino alla riconsegna, senza alterare i luoghi, così come non potranno effettuare investimenti o ipotizzare modifiche.
L’accoglimento parziale, precisano immediatamente i giudici, è dovuto al decisum dell’Adunanza Plenaria, all’esito di una questione di particolare complessità (il giudice, infatti, ha compensato le spese del doppio grado di giudizio) e «non intacca, sotto alcun profilo, la legittimità del provvedimento impugnato, con conseguente esclusione di ogni profilo di colpa dell’Amministrazione».
Quanto ai lamentati vizi procedimentali, il Collegio ha ritenuto infondate le doglianze. Le guarentigie della partecipazione procedimentale di cui all’art. 10-bis L. n. 241/1990, che discendono dall’art. 97 della Costituzione, devono infatti essere interpretate in termini sostanzialistici, come da consolidata giurisprudenza: violazione sostanziale delle stesse si ha solo quando la loro inosservanza abbia cagionato un effettivo e oggettivo pregiudizio alle ragioni del privato, e questo anche considerata la «dequotazione» dei vizi formali dell’atto ad opera dell’art. 21-octies della l. n. 241/1990. Nel caso di specie, la formale disamina della memoria endoprocedimentale dell’appellante non avrebbe portato la stessa ad ottenere il bene della vita; lo stesso dicasi a proposito del parere del Comitato di gestione: quand’anche fosse stato assunto, il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.
[1] Si tratta di T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 27 novembre 2020, n. 1321; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 27 novembre 2020, n. 1322; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 27 novembre 2020, n. 1341.