A cura di Matteo Farnese
14/02/2022
La normativa europea in materia di golden power (regolamento 2019/452) rimette agli Stati Membri, nel rispetto dei meccanismi di cooperazione dalla stessa disciplinati, il compito di definire il procedimento attraverso cui si sostanzia il controllo degli investimenti esteri. Anche per questo si riscontrano in ambito europeo varie articolazioni procedimentali: in alcuni casi piuttosto semplici, che fanno perno su un’unica amministrazione; in altri molto complesse, che coinvolgono più amministrazioni. Il recente caso Syngenta-Verisem, che ha coinvolto sia l’Italia che la Francia, consente di mettere in evidenza queste diverse modalità operative e di riflettere quindi sulle implicazioni che ne possono discendere.
Più in particolare, il caso in esame riguarda l’acquisizione del gruppo internazionale di sementi Verisem, nel quale sono presenti sia imprese italiane che francesi, da parte della multinazionale cinese Syngenta crop. Esso è di particolare rilievo per almeno due motivi: per la prima volta in Italia la decisione finale si discosta dalla proposta presentata dall’amministrazione che ha curato l’istruttoria e, per quanto consta, è la prima volta che l’operazione viene esaminata in due ordinamenti, quello italiano e quello francese, con esiti diversi.
Con riguardo all’Italia, la disciplina contenuta nell’art. 2 del d.l. 21/2012, unitamente alle disposizioni contenute nel d.P.R. 86/2016 e nel d.P.C.M. 6 agosto 2014, prevede lo svolgimento dell’istruttoria da parte di un Gruppo di coordinamento interministeriale, composto da rappresentanti della Presidenza del Consiglio e dei vari Ministeri. All’interno del Gruppo viene scelto il Ministero responsabile dell’istruttoria in base alla competenza per materia. Questo, una volta acquisiti i pareri dei soggetti istituzionali coinvolti, formula la proposta per l’eventuale esercizio dei poteri speciali, che viene portata in Consiglio dei Ministri per l’assunzione della decisione finale. L’operazione del caso in esame riguarda il settore agroalimentare, entrato a far parte dei settori strategici dell’ordinamento in conseguenza del recepimento dell’art. 4 del reg. 2019/452 UE. Coerentemente con la disciplina di riferimento, nel caso di specie l’istruttoria è stata curata dal Ministero delle Politiche agricole. La relazione conclusiva della stessa concludeva ritenendo che non ricorressero i presupposti per l’esercizio dei poteri speciali previsti dalla normativa in materia di golden power. Il 21 ottobre 2021, il Consiglio dei ministri, contrariamente a quanto affermato nella relazione conclusiva dell’istruttoria, ha esercitato il potere di veto sull’operazione. Per la prima volta dall’adozione della normativa golden power, il Consiglio dei ministri non ha dato seguito alla proposta formulata dal Ministero responsabile dell’istruttoria, esercitando il potere speciale più invasivo a sua disposizione, cioè il potere di veto. Occorre indagare, quindi, quali sono le cause che hanno portato al contrasto tra istruttoria e decisione finale. Le valutazioni politiche, intrinseche all’utilizzo di tale strumento, hanno giocato un ruolo importante, ma sia la complessa struttura del procedimento, sia la natura dello stesso, meritano un’analisi più approfondita.
Per quanto riguarda la struttura del procedimento, la scelta della modalità collegiale riflette la scelta di tenere in considerazione molteplici interessi, permettendo la partecipazione alla decisione anche ai ministeri non direttamente coinvolti nell’istruttoria.
Per quanto riguarda la natura del procedimento, questa non appare essere ben definita. L’investitore notifica l’operazione al Governo non per richiedere un’autorizzazione, bensì per verificare se tale operazione costituisca una minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico. Se l’operazione è giudicata rilevante in tal senso, il Governo può decidere se e quale potere speciale esercitare. La verifica è, inoltre, associata ad un meccanismo di silenzio-assenso. Il procedimento risulta, quindi, caratterizzato da un grado di incertezza nella posizione delle parti dell’operazione, soprattutto perché non vi è una norma che preveda la possibilità di intraprendere contatti con il Governo precedenti alla notifica.
Nel caso in esame, il contrasto delle valutazioni del Ministero delle Politiche agricole e del Consiglio dei Ministri potrebbe configurare, per quest’ultimo, un onere di motivazione rafforzato. L’atto conclusivo del procedimento di verifica in materia di golden power, infatti, può essere considerato come un atto di alta amministrazione, che deve comunque rispettare i principi dettati per gli atti amministrativi, in particolare quello riguardante la motivazione del provvedimento, sancito nell’art. 3 della l. 241/1990.
Con riguardo alla Francia, gli artt. L 151-3 e seguenti, del Code monetaire et financier prevedono lo svolgimento dell’istruttoria da parte del Ministero dell’economia. Questo, una volta ottenute le informazioni necessarie riguardo l’operazione oggetto di verifica, decide in merito all’eventuale rilascio dell’autorizzazione all’investimento. Contrariamente a quanto accaduto in Italia, il procedimento in esame si è concluso considerando l’operazione Syngenta-Verisem esclusa dall’ambito di applicazione della disciplina del golden power.
Il meccanismo di controllo degli investimenti esteri vigente in Francia, quindi, ha due caratteristiche fondamentali che differiscono rispetto al modello italiano: la struttura monocratica del procedimento e la natura autorizzatoria dello stesso.
In primo luogo, la struttura del procedimento è caratterizzata dal ruolo fondamentale del Ministero dell’economia. Questo è individuato come unica amministrazione competente. Esso, infatti, si occupa dell’intero procedimento, dalla fase di prenotifica a quella di decisione. Tale meccanismo, da un lato, permette di tenere maggiormente in considerazione le esigenze economiche nazionali, dall’altro lato, potrebbe non essere in grado di tenere in considerazione ulteriori interessi generali.
In secondo luogo, la natura autorizzatoria del procedimento appare essere ben definita, in quanto questo è finalizzato al rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dell’operazione da parte del Ministero dell’economia. Il procedimento, quindi, presuppone, per la società acquirente, un diritto condizionato al rilascio di un provvedimento da parte del Ministero. Tale meccanismo configura sia una maggior tutela dell’investitore rispetto al modello italiano.
In conclusione, l’Italia ha adottato un procedimento di controllo basato su una struttura collegiale, attribuendo una competenza “istruttoria” in capo ad un Ministero, scelto in base all’oggetto dell’operazione, e una competenza “decisoria” in capo al Consiglio dei Ministri. Questa separazione di competenze è una caratteristica peculiare del meccanismo italiano di controllo degli investimenti esteri che, come nel caso in esame, può portare ad una minore tutela dell’investitore, intesa come mancata prevedibilità e coerenza dell’azione amministrativa, ma permette una valutazione più ampia degli interessi in gioco, soprattutto nel momento decisionale. Nel nostro ordinamento ci sono diversi casi in cui è presente il contributo di più amministrazioni, i cui pareri possono essere disattesi. Non è quindi un caso eccezionale. Ciò, però, si riflette sulla rilevanza della motivazione, anche nella prospettiva di un eventuale contenzioso.
Al contrario del modello italiano, il procedimento monocratico che caratterizza l’ordinamento d’oltralpe potrebbe difficilmente subire tali importanti contrasti, riuscendo a tutelare in modo migliore la posizione giuridica dell’investitore. Il limite più importante del modello francese è dato dal fatto che, essendo il Ministero dell’economia l’unica amministrazione competente per tutte le fasi procedimentali, maggiore attenzione potrebbe essere rivolta all’aspetto economico rispetto agli altri interessi che coesistono nell’operazione.