Lorenzo Magnanelli
18/01/2021
Con l’ordinanza n. 309 del 8 gennaio 2021 la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione dell’esclusione dalla gara a seguito della presentazione di un’istanza di c.d. concordato in bianco da parte di un’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall.
Nel caso di specie un’istanza di c.d. concordato in bianco veniva presentata dalla mandante del R.T.I. in seguito risultato aggiudicatario in costanza di gara; tale circostanza, assieme alla tardiva comunicazione alla stazione appaltante dell’apertura della procedura concorsuale, era alla base del ricorso del secondo classificato. Nel giudizio si costituiva anche la mandataria richiedendo di poter procedere alla sostituzione della mandante ai sensi dei commi 18 e 19-ter dell’art. 48 del Codice dei contratti pubblici. Tuttavia, il T.A.R. riteneva infondata la pretesa della ricorrente incidentale, potendo la sostituzione della mandante intervenire solo in fase esecutiva e senza finalità elusive, e revocava l’aggiudicazione al R.T.I. a causa della sopravvenuta carenza di uno dei requisiti ordinari per la partecipazione alle gare pubbliche, ai sensi dell’art. 80, d.lgs. 50/2016. Per i giudici di prime cure la preclusione alla partecipazione doveva dedursi anche dal comma 7 dell’art. 161 l. fall., che dispone, in pendenza del termine per la presentazione del piano, che il debitore possa compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione del Tribunale, gli atti di straordinaria amministrazione se ritenuti urgenti.
Il Consiglio di Stato, chiamato in appello a risolvere la questione, decide di rivolgersi all’Adunanza plenaria evidenziando l’essenzialità di individuare quali siano le conseguenze nel caso di presentazione, in fase di gara, da parte della mandante di un R.T.I. di una domanda di c.d. concordato in bianco e se la partecipazione alle gare pubblica debba ritenersi, o meno, un atto di straordinaria amministrazione.
L’istituto del c.d. concordato in bianco, evidenziano i giudici, si caratterizza per la “possibilità di depositare una domanda di concordato preventivo, priva, di fatto, di contenuto, essendo finalizzata solo a chiedere al Tribunale la concessione di un termine […] al fine di poter predisporre e poi presentare la vera proposta”. La domanda sarebbe da catalogare come “prenotativa”, essendo poi possibile presentare ulteriore documentazione in funzione delle caratteristiche dell’impresa e degli obiettivi che si intendano perseguire, compreso quello della continuità aziendale.
Va chiarito se sia possibile combinare i due istituti del c.d. concordato in bianco e del concordato con continuità aziendale, ipotizzando una fattispecie in cui conviva l’esigenza economico-aziendale di attivare una procedura concorsuale per la liquidazione dei debiti e il riassetto della società, senza l’impegno a specificare immediatamente il progetto, e la possibilità di pianificare, una volta superato il momento di crisi, la continuazione dell’attività aziendale. Tale assunto sembrerebbe in contrasto con l’art. 186-bis, comma 1, l. fall. che, definendo in generale la fattispecie del concordato con continuità aziendale, ne fissa tre specifiche condizioni di esistenza che mancano tutte in caso di pre-concordato. Sul punto, osserva il Consiglio, sono sorti due opposti orientamenti interpretativi.
Il primo, estensivo, propende per l’applicabilità anche al c.d. concordato in bianco della deroga prevista dall’art. 186-bis, comma 3, l. fall., secondo cui, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato con continuità aziendale, l’impresa conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti (Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328). In base a tale indirizzo giurisprudenziale, la presentazione di una domanda di c.d. concordato in bianco, con riserva di istanza per la continuità aziendale, non determina la perdita dei requisiti di partecipazione in capo all’operatore economico, specialmente quando la domanda abbia contenuti “prenotativi”, anticipando espressamente la volontà di proseguire l’attività. Inoltre, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 8 maggio 2019, n. 2963) ha escluso che la partecipazione ad una gara pubblica possa annoverarsi tra gli atti di straordinaria amministrazione, che secondo la giurisprudenza di legittimità sono solo quegli atti che possono incidere in senso negativo sul patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori. Infine, risulterebbe irrilevante la circostanza che le autorizzazioni del Tribunale vengano adottate in corso di gara o successivamente, trattandosi di condizioni integrative dell’efficacia dell’aggiudicazione che possono intervenire anche in pendenza del procedimento di evidenza pubblica.
Il secondo orientamento, restrittivo, esclude invece a priori ogni possibilità di partecipare alle gare pubbliche per l’impresa che abbia presentato la domanda di c.d. concordato in banco. Prima dell’ammissione al concordato, la partecipazione dovrebbe essere valutata come atto urgente da parte del Giudice Delegato in sede di autorizzazione di un atto di straordinaria. Tale ricostruzione sarebbe confermata dall’art. 186-bis, comma 4, l. fall., che consente la partecipazione alle gare esclusivamente alle imprese il cui piano di concordato preveda la continuità aziendale e sia accompagnato dalla relazione del professionista.
Un’altra problematica rimessa all’Adunanza plenaria attiene al momento in cui debba intervenire, per evitare l’esclusione dalla gara, l’autorizzazione contemplata dall’art. 186-bis, comma 4, l. fall. necessaria per l’ammissione al concordato con continuità aziendale. Si evidenzia come l’eccezione al principio di continuità nel possesso dei requisiti possa operare solo se l’autorizzazione del Tribunale intervenga prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica, poiché, se da un lato è rilevante l’esigenza di non far gravare sull’impresa sottoposta a procedura di concordato i tempi di quest’ultima, dall’altro eventuali dilazioni non possono essere riversate sull’amministrazione.
La Sezione si domanda, inoltre, se, a seguito della presentazione di un’istanza di c.d. concordato in bianco da parte della mandante, a ciò debba conseguire l’estromissione di quest’ultima, con possibilità di operare la sostituzione anche con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara (applicando i commi 18 e 19-ter dell’art. 48, d.lgs. 50/2016), ovvero se, nel caso in cui la mandataria o le imprese residue non soddisfino autonomamente i requisiti di partecipazione, da ciò debba irrimediabilmente discendere l’esclusione dell’intero raggruppamento e l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta a suo favore come potrebbe dedursi dall’art. 48, comma 19, che vieta la modifica soggettiva del raggruppamento ove “finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”.
I giudici ribadiscono la cogenza del principio di immutabilità della compagine dei raggruppamenti temporanei, stabilita dall’art. 48, comma 9, d.lgs. 50/2016 nei limiti stabiliti dall’Adunanza Plenaria, che ha precisato come tale assunto non abbia valenza assoluta poiché finalizzato ad impedire condotte elusive delle verifiche compiute dalle amministrazioni sulla sussistenza dei requisiti richiesti per l’aggiudicazione. Le previsioni dell’art. 48, commi 18 e 19-ter, d.lgs. n. 50/2016 andrebbero coordinate, quindi, con il disposto di cui al comma 19 della stessa norma, che, nel vietare espressamente che si possa utilizzare il recesso per eludere il profilo della mancanza dei requisiti in capo a una o più delle imprese raggruppate, sembrerebbe escludere, per la stessa ragione, che il problema della mancanza dei requisiti possa risolversi sostituendo un’impresa idonea ad un’altra deficitaria.