Elisabetta Zinno
21 dicembre 2020
Il 14 agosto 2018 l’evento catastrofico del crollo del ponte Morandi ha colpito la città di Genova e ha provocato la morte di 43 persone, segnando la coscienza civile del nostro Paese. É stata intaccata la viabilità della regione Liguria ed è stato necessario provvedere alle attività di demolizione, rimozione, nonché di progettazione, affidamento e ricostruzione dell’infrastruttura e del connesso sistema viario.
Ciò ha portato all’adozione del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, cd. «decreto-Genova». Questo, istituendo un commissario straordinario per le attività di ricostruzione, ha anche imposto che l’affidamento dei contratti per i lavori avrebbe potuto coinvolgere solo «operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali».
Nel decreto, dunque, Autostrade per l’Italia S.p.A. è stata estromessa dalla procedura di affidamento, in quanto all’epoca responsabile del mantenimento in assoluta sicurezza e funzionalità dell’infrastruttura. A questo deve aggiungersi come le sia stato imposto di farsi carico dell’anticipazione di tutte le spese legate alla ricostruzione, versando le somme necessarie.
Proprio tale esclusione è stata oggetto di pronuncia da parte della Corte costituzionale che, con la sentenza 27 luglio 2020, n.168, ha concluso il giudizio con dichiarazioni di inammissibilità e infondatezza della questione di incostituzionalità sollevata dal Tar Liguria, in seguito al ricorso proposto da Pavimental S.p.a., società collegata ad ASPI.
In primo luogo, secondo il ricorrente il suddetto decreto avrebbe leso i parametri di ragionevolezza, proporzionalità e non arbitrarietà, di cui all’art. 3 Cost.. Si affermava, in particolare, che l’esclusione di Aspi era irragionevole alla luce dell’obiettivo primario perseguito dal decreto contestato, ossia la più celere ricostruzione dell’infrastruttura, e sproporzionata in quanto fondata su un assunto ipotetico circa la responsabilità dell’evento catastrofico.
La sproporzione di tale esclusione, affermata dal ricorrente, sarebbe peraltro aggravata dal fatto che il legislatore ha imposto alla concessionaria di finanziare l’intervento di ripristino del sistema viario, senza predeterminare alcun parametro quantitativo dei costi e senza prevedere la restituzione delle somme versate per gli interventi, nel caso in cui venisse accertata l’assenza di responsabilità di ASPI.
La società ricorrente sosteneva che le attività di demolizione e ricostruzione del viadotto del Polcevera fossero comprese nel perimetro di competenza esclusiva della concessionaria dell’autostrada, come definito dalle disposizioni della convenzione unica. In effetti, come affermato dalla Corte Costituzionale, nella convenzione stipulata tra ASPI e il concedente non risulta alcun diritto della concessionaria ad eseguire in modo diretto ed automatico l’opera di ricostruzione del ponte. Pertanto, le disposizioni della convenzione non avrebbero potuto ingenerare in ASPI alcun legittimo affidamento relativo alla predetta ricostruzione. Non sarebbe, quindi violato l’art 3 Cost.. Viene, inoltre, posto l’accento sull’intenzione del legislatore di non attivare la convenzione sia per l’urgenza di ripristinare tempestivamente il tratto autostradale, sia per i dubbi sorti circa l’affidabilità della concessionaria.
Appare probabile che il vero problema sorto sia stata la rottura del rapporto di fiducia tra il concedente e ASPI e di conseguenza dell’impossibilità di continuare a conformarsi al principio fondamentale del legittimo affidamento, che in questo caso rappresenta l’interesse di terzi a confidare in una certa e attendibile ricostruzione dell’infrastruttura.
In secondo luogo, il giudice rimettente ritiene che le disposizioni censurate siano misure sostanzialmente punitive nei confronti della società concessionaria e – ad avviso del giudice a quo – consistono in una violazione dei principi di libertà imprenditoriale e di libertà della concorrenza, tutelati dall’art. 41 Cost..
In realtà, proprio l’estromissione potrebbe garantire maggior concorrenza tra i privati dato il fatto che, tendenzialmente, per la normativa previgente, ogni appalto riguardante le autostrade ha sempre coinvolto Autostrade per l’Italia o società collegate o partecipate ad essa. Questo perché è affidata in concessione la gestione e la manutenzione della maggior parte delle tratte autostradali proprio ad ASPI.
Secondo quest’ultima, l’arbitrarietà delle norme censurate deriverebbe altresì dall’omissione di un previo procedimento di accertamento delle responsabilità della concessionaria.
Quindi, escludere un operatore ritenuto inaffidabile e responsabile di un grave inadempimento degli obblighi di manutenzione dell’infrastruttura, avrebbe implicato la necessità di un accertamento concreto circa l’effettiva responsabilità. Non prevedendo neppure l’utilizzo di un modulo procedimentale idoneo a garantire il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio della società esclusa, le disposizioni censurate si reputano lesive degli artt. 24 e 111 Cost.
L’Avvocatura dello Stato replicava che le misure intraprese avevano natura cautelare e non punitiva e/o sanzionatoria, essendosi trattato di escludere la concessionaria dalla ricostruzione del ponte in ragione della sua presunta affidabilità e non invece di sanzionare il suo inadempimento.
La Corte Costituzionale ritiene inammissibile anche la questione che riguarda l’addebito ad ASPI dei costi della ricostruzione e degli espropri, poiché il Tar non ha precisato a che titolo è stato effettuato l’addebito, quindi se a titolo definitivo o di mera anticipazione provvisoria, in attesa degli accertamenti dell’eventuale responsabilità in capo ad ASPI. In effetti, non sembra indicato il significato assunto della disposizione censurata.
Infine, la Consulta ha acclarato la conformità del «decreto-Genova» alla normativa europea. Infatti, i sensi all’art. 32 della direttiva (UE) 2014/24 è prevista la possibilità, in situazioni emergenziali, di utilizzare la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.
Ulteriore spunto di riflessione in tema di gestione dell’emergenza può essere tratto dal decreto del Presidente del Consiglio del 18 marzo 2020 (c.d. Decreto Cura Italia), con il quale è stato nominato il Commissario straordinario per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, oggetto di successive proroghe, adottata a seguito della dichiarazione da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità dell’epidemia da COVID-10 emergenza sanitaria internazionale.
I compiti assegnati al commissario straordinario sono indicati all’art. 2 del decreto di nomina, che richiama quelli previsti dall’art.122 del Decreto Legge 17 marzo 2020 n.18.
Per la gestione dell’emergenza sanitaria al commissario straordinario sono attribuiti ampi poteri, sia relativi alla programmazione che alla realizzazione delle misure ritenute necessarie.
Il commissario dovrà esercitare i poteri raccordandosi con il capo del dipartimento della Protezione Civile e potrà anche operare attraverso l’ausilio dei prefetti territorialmente competenti (si pensi alla requisizione di beni immobili e mobili), nonché delegare i presidenti delle Regioni e Province autonome con i quali comunque collabora nell’esercizio delle relative competenze in materia di salute.
Tra le competenze attribuite al commissario straordinario possiamo ricordare l’acquisto di farmaci e attrezzatura e la loro distribuzione, ma per contrastare l’emergenza sanitaria può anche sostenere la produzione dei beni ritenuti necessari, potenziare le strutture ospedaliere e determinare i fabbisogni di risorse umane e materiali, provvedendo a reperirle e ha il potere di requisire sia beni mobili, mobili registrati che immobili.
Inoltre, può organizzare la raccolta di fondi destinati a far fronte all’emergenza sanitaria, definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione degli stessi, controllandone la destinazione. Peraltro, il commissario provvede anche alla gestione coordinata del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) e delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione destinato all’emergenza.
Particolarmente significative appaiono le deroghe alle normative vigenti.
Infatti, l’attività negoziale effettuata dal commissario nell’esercizio dei suoi poteri straordinari è sottratta al controllo della Corte dei Conti, ad eccezione dell’obbligo di rendicontazione. Peraltro, la responsabilità amministrativa e contabile è limitata ai soli casi in cui sia accertato il dolo del funzionario o dell’agente che ha emanato gli atti o vi ha dato esecuzione.