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LA CORTE COSTITUZIONALE ESCLUDE IL CARATTERE REGIONALE DELL’AFFILIATA AD UN GRUPPO BANCARIO COOPERATIVO NAZIONALE

Tommaso Mazzetti di Pietralata

21 dicembre 2020

Con la sentenza n. 17/2020 del 13 Febbraio 2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’infondatezza del ricorso per conflitto di attribuzione presentato dalla Regione Sicilia nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e della Banca d’Italia, a seguito del provvedimento con cui quest’ultima aveva unilateralmente disposto lo scioglimento degli organi amministrativi e di controllo e la contestuale nomina degli organi straordinari di una banca di credito cooperativo (BCC) stabilita in Sicilia, a San Biagio Platani. 

Il ricorso si fonda sull’asserita lesione delle attribuzioni statutarie della Regione in materia bancaria, garantite dagli articoli 17 e 20 dello Statuto speciale regionale e dagli articoli 1 e 5 del d.lgs. n. 205/2012 contenente “Norme di attuazione dello Statuto in materia di credito e risparmio”.

In particolare, l’art. 5 del d. lgs. n. 205/2012 dispone che “[p]er le banche a carattere regionale i provvedimenti riguardanti lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo, la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria e la liquidazione coatta amministrativa (…) sono adottati, ove la Banca d’Italia ne faccia proposta, con decreto dell’assessore regionale per l’economia”.

L’articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 205/2012 ne delimita l’ambito soggettivo di applicazione definendo “banche a carattere regionale” gli istituti “che hanno la sede legale in Sicilia purché non abbiano più del 5 per cento degli sportelli al di fuori della Regione, la loro operatività sia localizzata nella Regione e, ove la banca appartenga a un gruppo bancario, anche le altre componenti bancarie del gruppo e la capogruppo presentino carattere regionale ai sensi delle presenti disposizioni”.

L’istituto di credito oggetto del provvedimento si era affiliato ad un gruppo bancario cooperativo in ottemperanza a quanto previsto dalla riforma introdotta dal d.l. n. 18/2016, convertito dalla legge n. 49/2016.

Il d.l. 18/2016 prevede infatti l’obbligatoria adesione a un gruppo bancario cooperativo ai fini dell’esercizio dell’attività bancaria in forma di Banca di credito cooperativo. 

Nella prospettiva della ricorrente Regione Sicilia, la mera adesione ad un gruppo di rilevanza nazionale non avrebbe intaccato il carattere regionale dell’ente, tuttora stabilito ed operante nel territorio siciliano. In particolare, i poteri di direzione e coordinamento che la riforma attribuisce alla S.p.A. capogruppo sarebbero diretti a garantire la realizzazione dello scopo mutualistico delle banche affiliate, non comportando alcuna riduzione della autonomia gestionale delle banche stesse, che rimarrebbero quindi sostanzialmente locali.

Inoltre, secondo la Regione Sicilia, nella nozione di “gruppo” cui fa riferimento l’articolo 1, comma 3, d.lgs. n. 205/2012, non rientrerebbe il gruppo bancario cooperativo disciplinato dal d.l. n. 18/2016. La normativa del 2012, attuativa dello Statuto, non avrebbe potuto contemplare infatti un istituto successivo quale il gruppo bancario fondato sul contratto di coesione. Il d.lgs. n. 205/2012   si limiterebbe  a disciplinare le fattispecie di gruppo “partecipative” basate sul controllo del capitale sociale da parte della holding. Nel gruppo bancario cooperativo i poteri di direzione e coordinamento non derivano da partecipazioni di controllo detenute dalla capogruppo. Tali poteri spettano alla capogruppo in forza di vincoli negoziali stabiliti appunto nel contratto di coesione, il quale, a seguito della modifica legislativa intervenuta nel 2016, costituisce lo strumento contrattuale tipico previsto dall’art. 37-bis T.U.B. per la disciplina  dei poteri di controllo della banca capogruppo sulle banche affiliate.

La Consulta respinge tali argomentazioni ed esclude la sussistenza del carattere regionale, che costituisce il presupposto per l’esercizio delle prerogative di cui la Regione lamenta la lesione.

Secondo la Corte Costituzionale infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 205/2012, il carattere regionale degli istituti bancari facenti parte di un gruppo sussiste solo laddove anche la capogruppo e le altre componenti bancarie del gruppo presentino carattere regionale.

Nel caso in esame la capogruppo, nonché la maggioranza delle altre componenti bancarie del gruppo, hanno sede al di fuori del territorio della regione, sicché l’istituto di credito in esame non avrebbe carattere regionale ai fini dell’art. 5, d.lgs. n. 205/2012.

Secondo la Consulta, poi, l’interpretazione del d.l. n. 18/2016 proposta dalla Regione non sarebbe conciliabile con la ratio della riforma. Infatti, pur salvaguardando il carattere mutualistico e l’autonomia operativa delle singole BCC affiliate, la riforma attribuisce a livello nazionale alla capogruppo i poteri di individuazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi operativi del gruppo nonché i poteri di controllo del rispetto dei requisiti prudenziali, con la finalità dichiarata di garantire la razionalizzazione della governance, la stabilità del gruppo e il rafforzamento patrimoniale delle singole BCC.

In altri termini, essendo funzionale a questi obiettivi, il conferimento alla capogruppo di poteri di direzione e coordinamento non può che risolversi in un accentramento della gestione delle banche affiliate, con il conseguente allentamento del loro legame con il territorio.

Inoltre, allo scopo di rafforzare la stabilità patrimoniale delle banche affiliate, l’articolo 37-bis, comma 4, T.U.B. impone che il contratto di coesione preveda la garanzia solidale reciproca delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche affiliate. Pertanto i vincoli di gruppo conseguenti al regime di solidarietà “incrociata” implicano necessariamente “una disciplina uniforme della vigilanza”, con la conseguente competenza esclusiva della Banca d’Italia. 

Infine, per la Corte Costituzionale non è rilevante l’argomento circa la fonte contrattuale del rapporto di gruppo in esame. Nella nozione di “gruppo” considerata dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 205/2012 ben può ricomprendersi il gruppo bancario cooperativo basato sul contratto di coesione, dal momento che le fattispecie di gruppo di fonte contrattuale hanno fatto ingresso nell’ordinamento già con la riforma del diritto societario del 2003, la quale ha introdotto gli articoli 2497-septies e 2545-septies nel codice civile.

La Consulta rileva, d’altra parte, che la stessa Regione ricorrente aveva accertato la perdita del carattere regionale della BCC di San Biagio Platani, dal momento che, in sede di aggiornamento dell’Albo regionale delle banche nel 2019, ne aveva disposto la cancellazione sulla base dell’adesione al gruppo cooperativo. 

La pronuncia in commento porta ad interrogarsi sul futuro delle competenze regionali in materia creditizia. 

Al di là della soluzione al caso specifico, che riflette le particolarità della disciplina di attuazione statutaria siciliana, è necessario rilevare l’inconciliabilità dell’adesione ad un gruppo bancario cooperativo ultraregionale con il mantenimento del carattere regionale dell’ente creditizio. Tale affermazione pare rivestire carattere generale laddove la Corte costituzionale fa discendere dall’esistenza di un potere di direzione e coordinamento della capogruppo la perdita del carattere localistico dell’ente creditizio.

La riforma del credito cooperativo, nell’interpretazione fornita nella pronuncia in commento, avrebbe allora determinato una significativa erosione delle prerogative regionali in materia bancaria, dal momento che le odierne banche di credito cooperativo, eredi delle vecchie casse rurali e attualmente costituenti la forma giuridica tipica di ente creditizio a carattere regionale, sono confluite in gruppi bancari di rilevanza nazionale.

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