ANGELICA PIZZINI
14 settembre 2020
Con più di 5 milioni di contagi, gli Stati Uniti sono ad oggi il paese più colpito dall’emergenza Covid-19.
Analizzando quelle che sono le cause di questo triste primato emergono dal punto di vista amministrativo numerosi elementi che hanno sottolineato l’inefficienza delle misure adottate dall’amministrazione USA nel far fronte all’emergenza sanitaria.
Anzitutto vi è stato sicuramente un ritardo nell’affrontare in maniera seria il problema: è infatti del 13 Marzo (quasi due mesi dopo il primo caso registrato) la Proclamation 9994 con la quale il Presidente Trump decide di dichiarare ufficialmente lo stato di emergenza nazionale come conseguenza del diffondersi dell’epidemia su tutto il territorio statunitense.
A partire da questo momento la legislazione americana in risposta all’emergenza segue due direttive principali: da un lato il governo federale e dall’altra l’azione dei singoli stati.
Il Public Health Service Act alla sezione 319 da una parte affida al Governo centrale la responsabilità di prevenire la diffusione fra la popolazione americana di malattie provenienti al di fuori degli USA e dall’altra impone ai singoli stati di collaborare con il Governo, lasciandoli però liberi di decidere circa lockdown e isolamento.
Sono quindi i singoli stati ad avere la competenza primaria (tramite i rispettivi poteri di polizia) per affrontare le crisi sanitarie nei loro territori. Il governo federale, al contrario, ha una competenza limitata, volta a porre in quarantena gli individui che entrano nel paese, che viaggiano tra gli stati o che possono essere una probabile fonte di infezione per coloro che viaggiano da uno stato all’altro.
Proprio l’esistenza di questi due binari paralleli ha portato con sé non poche problematiche.
Da una parte infatti l’amministrazione centrale inizia, seppur a rilento, ad attivarsi per sostenere dal punto di vista economico la nazione, con l’attivazione il 18 Marzo del Defense Production Act (legge risalente al 1950) con la quale si procede ad un riallineamento industriale che obbliga le imprese a soddisfare anzitutto l’ordine proveniente dallo Stato rispetto a quello di altri clienti.
Dall’altra parte anche i singoli stati iniziano ad adottare diverse misure che però, in assenza di una direttiva unitaria, creeranno una profonda disparità di trattamento da stato a stato.
La risposta all’emergenza quindi viene peggiorata proprio a causa della confusa allocazione di potere da parte dell’Amministrazione. In particolare, la gestione della pandemia da parte dell’Amministrazione è stata ostacolata da una cattiva allocazione di potere in una duplice dimensione.
Un primo problema è emerso a causa della sovrapposizione di competenze fra Governo centrale e singoli stati e questa situazione ha provocato sprechi di risorse ed energie, mentre si sarebbe potuta sfruttare in parte questa sovrapposizione al fine soprattutto di scongiurare una possibile inazione da parte di uno dei due soggetti.
In secondo luogo, è mancato uno strumento fondamentale: la capacità di coordinare gli sforzi delle azioni pubbliche e private al fine di combattere la crisi in modo efficace ed efficiente.
I fallimenti dell’Amministrazione derivano inoltre soprattutto dalle sue decisioni incoerenti e apparentemente prive di senso di centralizzare e allo stesso tempo decentralizzare la risposta all’epidemia.
Prima della pandemia di coronavirus, l’amministrazione Trump si è mossa verso una maggiore centralizzazione della gestione, incorporando una direzione creata dall’amministrazione Obama specificamente per preparare e gestire le crisi di sanità pubblica in un ufficio con responsabilità relative armi di distruzione di massa, difesa biologica e minacce terroristiche (direzione che invece avrebbe potuto svolgere un ruolo fondamentale nella presente crisi).
Una volta che il virus si è diffuso, l’amministrazione Trump ha invece virato verso un’estrema decentralizzazione, lasciando ai governi statali e locali la decisione circa le soluzioni più giuste per affrontare la pandemia.
Un tale approccio avrebbe ancora potuto funzionare se l’Amministrazione avesse coordinato efficacemente gli sforzi degli stati, ma il coordinamento federale è stato purtroppo carente, costringendo gli stati a competere per l’accesso a ventilatori e altre attrezzature mediche e permettendo a ciascuno stato di dettare pressoché in totale autonomia la reazione all’emergenza.
Ovviamente, gestire una pandemia di scala globale è un compito difficile nel migliore dei casi, ma le scelte organizzative dell’amministrazione hanno sicuramente aggravato la situazione, traducendosi in una risposta frammentata e sconnessa che ha riversato i suoi disastrosi effetti sulla popolazione.