25 maggio 2020
ANGELICA PIZZINI
L’emergenza Covid-19 ha trovato soluzioni variegate nell’ambito degli ordinamenti mondiali e europei, in alcuni stati si è scelto di utilizzare gli strumenti che erano già stati previsti in via generale, in altre realtà ( compresa quella italiana) si è invece scelto di ideare un sistema di diritto emergenziale ad hoc che fosse in grado di far fronte alla “specialità” dell’emergenza attuale.
Con riguardo il sistema francese, esso era, in realtà, già dotato di due “regimi di emergenza”: il regime dell’articolo 16 della Costituzione, che prevede poteri eccezionali per il presidente in caso di una minaccia seria e immediata per le istituzioni della Repubblica e l’interruzione del regolare funzionamento delle autorità pubbliche, e quello della legge 1955-385 (stato di emergenza di diritto comune), che include situazioni aventi, per loro natura e gravità, il carattere di calamità pubblica e che era stato modificato e applicato a seguito degli attacchi di novembre 2015.
Pur avendo dunque un quadro normativo definito, in occasione degli eventi correlati all’epidemia di COVID-19, il Governo francese ha preferito introdurre una disciplina specifica.
Di conseguenza, il 22 marzo è stato approvato il progetto di legge d’urgenza per contrastare l’epidemia di Covid-19 (n. 2762), diventato la legge n. 2020-290 del 23 marzo 2020.
Il Titolo I della suddetta legge, ha riformato il Codice della sanità pubblica con l’introduzione nello stesso del “Capo I bis: Stato di emergenza sanitaria ( articoli da L3131-12 a L3131-20 )” la cui attuale vigenza è stabilita fino al 1° aprile 2021.
Al suo interno viene stabilito che lo “stato d’emergenza sanitaria”, è dichiarato su tutto o su parte del territorio nazionale in casi di catastrofi sanitarie tali da mettere in pericolo, per loro natura e gravità, la salute della popolazione e di durata pari a un mese.
Tale termine era stato inizialmente esteso a due per lo stato di urgenza sanitario in corso (art. 4 legge 2020-290).
Il 9 maggio il Parlamento francese ha votato la proposta di legge del Governo (presentata il 2 maggio) e ha deciso di estendere lo stato di emergenza sanitaria fino al 10 luglio compreso (legge 2020-546 così come modificata dalla sentenza del Conseil constitutionnel DC 2020-800).
Dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria derivano conseguenze notevoli, soprattutto in termini di: restrizioni e limitazioni alla circolazione di persone, beni e veicoli e alla libertà di riunione; isolamento e quarantena per le persone malate; chiusura di fabbriche; requisizione di beni e servizi necessari; temporaneo controllo dei prezzi di alcuni prodotti; limitazioni alla libertà di impresa.
La creazione di questo nuovo regime però non era affatto scontato, né era scontato che la sua creazione avvenisse per mezzo dello strumento della legge, in considerazione degli strumenti che il governo aveva già a sua disposizione per gestire la crisi sanitaria.
Infatti, al momento di stabilire quale risposta scegliere per far fronte all’emergenza Covid-19 la Francia, come dimostrato dallo stesso studio d’impatto, aveva a disposizione tre opzioni.
La prima consisteva nel lasciare immutato l’assetto previgente e continuare a fare affidamento sulle norme esistenti del Codice di sanità pubblica e sul potere di polizia generale appartenente al Primo Ministro a livello nazionale e ai sindaci e ai prefetti a livello locale.
Una seconda opzione possibile (e già adottata in occasione degli attentati del 2015) sarebbe stata quella di integrare le disposizioni esistenti per adattarle alla situazione attuale e alla sua gravità.
Infine, la terza opzione (quella effettivamente perseguita): costruire uno specifico regime di emergenza sanitaria eccezionale che dovrebbe essere attuato su larga scala, mentre le disposizioni del Codice di sanità pubblica (articolo L. 3131-1) opererebbero per le crisi su scala minore.
Ma proprio l’esistenza di queste scelte pone delle domande sulla necessità e sull’opportunità di questo nuovo regime che presenta più di un profilo problematico.
Infatti, tramite l’introduzione in maniera permanente di tale nuovo regime all’interno del CSP si è attribuito carattere stabile ad un regime che, proprio in virtù della sua eccezionalità dovrebbe invece esprimersi in termini di temporaneità.
Inoltre, con la sua denominazione di “stato di emergenza sanitaria”, la legge del 23 marzo 2020 sottolinea la sua parentela con lo stato di emergenza istituito dalla legge del 1955.
Tuttavia, la definizione data dalla legge di questo nuovo regime di emergenza non consente di identificarlo chiaramente.
Infatti, l’attuazione dello stato di emergenza sanitaria è autorizzata in caso di “catastrofe sanitaria che mette in pericolo, per sua natura e gravità, la salute della popolazione”.
Astenendosi dal definire la “catastrofe sanitaria”, la legge rimane imprecisa e non consente di distinguere l’emergenza sanitaria dall’emergenza necessaria per l’attuazione della legge del 3 aprile 1955.
Infine, se gli attori politici sono in grado di costruire uno stato di eccezione di fronte a ogni situazione eccezionale con cui si confrontano, diventano gli architetti di propria competenza, determinando da soli le regole alle quali sostengono di sottomettersi.