GIORGIO MOCAVINI
1. Introduzione
Il fenomeno dell’internazionalizzazione delle imprese è estremamente complesso e variegato. I meccanismi di internazionalizzazione, infatti, sono molteplici, potendo consistere nella decisione di un imprenditore di avviare ex novoun’attività produttiva all’estero, nella scelta di una società di acquisire partecipazioni in un’impresa che ha sede al di fuori del territorio italiano, nel controllo esercitato da un’impresa italiana su altre imprese localizzate all’estero. Numerose sono anche le ragioni di natura economica che inducono le imprese a internazionalizzarsi: la convinzione di ottenere all’estero profitti superiori a quelli conseguiti nel mercato nazionale; la volontà di acquisire una posizione di monopolio sul mercato mondiale, attraverso la realizzazione di un prodotto mai commercializzato prima; l’idea di diversificare la produzione e le destinazioni di vendita, per evitare che la prestazione economica di un’azienda dipenda esclusivamente da un unico mercato nazionale.
L’internazionalizzazione, oltre a offrire tante opportunità per le imprese, pone al contempo una serie di rischi. Innanzitutto, le imprese che operano sui mercati internazionali devono spesso tenere conto delle barriere doganali tra i diversi Stati, che costituiscono un limite al libero movimento dei beni, dei servizi e dei capitali. Inoltre, le imprese che si proiettano all’estero devono necessariamente sottostare a legislazioni e giurisdizioni straniere. La diversità del contesto normativo crea un’asimmetria informativa che genera rilevanti costi di transazione e sussiste il pericolo che i diritti connessi con l’attività produttiva svolta non siano adeguatamente tutelati come nel contesto nazionale. Si pensi, per esempio, alla protezione dei diritti di proprietà industriale: sono numerosi i casi di imprese colpite da acquisizioni predatorie di brevetti e di strumenti industriali d’avanguardia.
L’insieme dei vantaggi e dei rischi dell’internazionalizzazione, unitamente a scelte strategiche di politica economica, giustifica l’esistenza di politiche pubbliche di sostegno alle attività internazionali delle imprese. Data la varietà del fenomeno, anche le politiche di sostegno ai processi di internazionalizzazione sono molto diverse: si va dalla partecipazione pubblica in aziende che operano all’estero alle tecniche di assicurazione delle attività delle imprese impegnate sui mercati internazionali; dalla concessione di finanziamenti ad hoc per le esportazioni alla garanzia di assistenza e di accompagnamento da parte di strutture pubbliche in favore delle imprese che decidono di investire all’estero.
Il presente capitolo, dunque, si propone di analizzare i diversi strumenti pubblici impiegati a difesa dell’internazionalizzazione delle imprese italiane. Innanzitutto, si esaminano, in via generale, le sfide della globalizzazione economica che fanno da sfondo ai processi di internazionalizzazione. Si passano in rassegna, poi, le principali istituzioni pubbliche italiane coinvolte nella promozione dell’internazionalizzazione e delle esportazioni. Si descrivono, inoltre, le diverse misure pubbliche adottate a sostegno dell’internazionalizzazione. Si formulano, infine, alcune osservazioni conclusive sugli ulteriori interventi che lo Stato può compiere per rafforzare i processi di internazionalizzazione.
2. Le sfide della globalizzazione economica
La globalizzazione economica è stata foriera di mutamenti epocali. Ha comportato una maggiore diffusione delle nuove tecnologie, ha favorito una efficiente divisione internazionale del lavoro, ha consentito una più articolata allocazione del risparmio orientata alla ricerca delle migliori opportunità di profitto e ha contribuito a rafforzare la produttività delle imprese in regime di libera competizione.
Sebbene si segnalino delle battute di arresto nella progressiva apertura dei principali mercati del mondo, come dimostrano i fallimenti dei trattati di libero scambio multilaterali recentemente promossi dagli Stati Uniti e la svolta protezionistica nella politica economica nordamericana imposta dall’amministrazione Trump, al contempo si moltiplicano le iniziative volte a rafforzare l’interdipendenza economica e produttiva, come rivelano le convenzioni stipulate dall’Unione europea con controparti americane e asiatiche e l’ambizioso programma di investimenti cinese One Belt, One Road Initiative.
Dalla globalizzazione derivano alcuni problemi, rappresentati dalla maggiore concorrenza che le imprese debbono affrontare, dalla necessità di garantire flussi costanti di investimento verso l’innovazione tecnologica e organizzativa, dalla capacità di muoversi sullo scenario internazionale. Al contempo, tuttavia, la globalizzazione offre numerose opportunità, costituite dalla più facile acquisizione di materie prime, dalla possibilità di diversificare la produzione all’estero e di ridurre i costi di gestione, dall’avere accesso a grandi mercati di sbocco, dalla facoltà di acquisire competenze all’estero, di sviluppare accordi commerciali con altre imprese e di attrarre nuovi investitori internazionali.
La globalizzazione, inoltre, ha rinnovato le filiere produttive, favorendo l’integrazione tra imprese e permettendo l’affermazione delle c.d. «catene globali del valore» (o global value chain), ossia processi di produzione distinti in varie sequenze, ognuna delle quali dominata da aziende sparse in Paesi diversi a seconda della convenienza economica e del grado di specializzazione delle stesse imprese coinvolte. La frammentazione delle fasi produttive comporta che alcune imprese si occupino esclusivamente della ricerca e sviluppo, altre della manifattura vera e propria, altre ancora della distribuzione del prodotto e dei servizi ad esso connessi. Le fasi ritenute maggiormente remunerative possono essere considerate quelle a monte (ricerca e sviluppo) e quelle a valle (servizi) della catena, mentre gli anelli intermedi (manifattura) sono quelli a più alta intensità di lavoro.
In questo contesto, caratterizzato da economie sempre più interconnesse a livello europeo e globale, i governi di quasi tutti gli Stati svolgono un ruolo attivo di sostegno ai sistemi produttivi nazionali, in particolare attraverso le attività di promozione delle esportazioni e di internazionalizzazione delle imprese, allo scopo di consentire alle imprese nazionali di conquistare spazi nelle fasi più redditizie delle catene globali del valore. Facilitare l’ingresso di nuove imprese nel commercio e nei mercati internazionali, di conseguenza, si conferma un obiettivo prioritario per i Governi, che a questo fine si avvalgono di vari enti pubblici o società per azioni appositamente istituite. Da questo punto di vista, l’Italia non fa eccezione.
Per comprendere quanto l’internazionalizzazione sia fondamentale per le imprese italiane è sufficiente richiamare alcuni dati: nel 2016 il valore del commercio mondiale di beni ha raggiunto quasi 16 mila miliardi di dollari; la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni nel mondo ha sfiorato il 3 per cento, per un valore complessivo di circa 417 miliardi di dollari; gli operatori italiani dediti all’esportazione erano circa 216 mila; le imprese a controllo nazionale residenti all’estero erano circa 22 mila, con quasi 2 milioni di addetti e un fatturato complessivo di circa 530 miliardi di euro. Occorre dunque esaminare, da una parte, quali sono le istituzioni pubbliche a diverso titolo competenti per il rafforzamento della presenza delle imprese italiane a livello internazionale, dall’altra, quali sono gli strumenti giuridici maggiormente impiegati per favorire l’internazionalizzazione.
3. La istituzioni che promuovono l’internazionalizzazione
Sono numerose le istituzioni pubbliche che assistono le imprese nell’elaborazione di strategie di efficace espansione all’estero, anche mediante operazioni di assicurazione degli investimenti compiuti al di fuori dei confini nazionali e tramite acquisizioni di partecipazioni pubbliche al capitale delle aziende italiane che mirano a rafforzare la propria presenza nei mercati internazionali.
Vi sono anzitutto alcune società a partecipazione pubblica, come la Sace S.p.A., partecipata al cento per cento da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., e la Società italiana per le imprese all’estero – Simest S.p.A., a propria volta controllata da Sace S.p.A.
La Sace nasce dalla trasformazione in società per azioni del precedente Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero avvenuta per effetto dell’articolo 6, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”), convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. La Simest è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 (“Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all’estero”). All’articolo 1, comma 1, si specifica che l’attività della società ha «per oggetto la partecipazione ad imprese e società all’estero promosse o partecipate da imprese italiane ovvero da imprese aventi stabile organizzazione in uno Stato dell’Unione europea, controllate da imprese italiane, nonché la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di specifiche iniziative di investimento e di collaborazione commerciale ed industriale all’estero da parte di imprese italiane, con preferenza per quelle di piccole e medie dimensioni, anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche».
In virtù del comune controllo esercitato da Cassa Depositi e Prestiti, entrambe le suddette società si presentano oggi fortemente integrate e costituiscono un polo unico delle esportazioni, in grado di soddisfare le differenti esigenze connesse all’export e all’internazionalizzazione: dall’assicurazione dei crediti alla protezione degli investimenti esteri; dalle garanzie finanziarie per accedere ai finanziamenti bancari ai servizi di factoring; dalle cauzioni per vincere gare d’appalto alla protezione dai rischi della costruzione; dalla partecipazione al capitale delle imprese ai finanziamenti a tasso agevolato per le esportazioni.
All’azione di tali società, poi, si affianca quella dell’Agenzia per il commercio estero – Ice, sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita, per le materie di rispettiva competenza, di intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e sentito il Ministero dell’economia e delle finanze, come stabilito dall’articolo 14, comma 18, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (“Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziari”), convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Lo scopo istituzionale dell’Agenzia è duplice: da un lato, consolidare lo sviluppo economico-commerciale delle imprese italiane sui mercati esteri; dall’altro, promuovere l’attrazione degli investimenti stranieri in Italia.
Ad attirare investimenti diretti esteri in Italia concorre anche l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – Invitalia S.p.A., interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, alla società spetta il compito «attraverso l’erogazione di servizi e l’acquisizione di partecipazioni, di promuovere attività produttive, attrarre investimenti, promuovere iniziative occupazionali e nuova imprenditorialità, sviluppare la domanda di innovazione, sviluppare sistemi locali d’impresa, anche nei settori agricolo, turistico e del commercio, purché le predette attività siano sempre correlate a iniziative d’impresa concorrenziali; dare supporto alle amministrazioni pubbliche centrali e locali per la programmazione finanziaria, la progettualità dello sviluppo, la consulenza in materia di gestione degli incentivi nazionali e comunitari, in base alle disposizioni del presente decreto e con particolare riferimento per il Mezzogiorno e le altre aree depresse, come definite ai sensi della normativa comunitaria».
Tra le pubbliche amministrazioni un ruolo di primo piano in materia di internazionalizzazione è certamente svolto dal Ministero per lo sviluppo economico. Quest’ultimo, infatti, si incarica di accrescere il grado di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, coordinando le attività dei numerosi soggetti competenti. Il Ministero, inoltre, si propone di semplificare gli scambi commerciali con l’estero, formula indirizzi di politica commerciale nell’ambito dell’Unione europea, propone accordi commerciali multilaterali e favorisce la cooperazione economica bilaterale con i Paesi terzi.
Altri attori istituzionali che si occupano di favorire le iniziative di internazionalizzazione delle imprese sono le Regioni, che negli anni si sono ritagliate sempre maggiori competenze in materia. Si sono così moltiplicate le missioni istituzionali all’estero, la firma di accordi e protocolli con regioni di altre nazioni, gli incontri con delegazioni straniere e l’organizzazione di eventi istituzionali. Si tratta di interventi e di competenze di dubbia utilità, visto che la competizione internazionale si vince con un solo sistema Paese e non con venti sistemi regionali che si fanno concorrenza tra loro. Ad ogni modo, sempre a livello regionale, occorre segnalare l’istituzione degli sportelli regionali per l’internazionalizzazione (c.d. «sprint»). Questi sportelli svolgono funzioni di orientamento per le imprese che decidano di internazionalizzarsi, ricevono le istanze di contributi e agevolazioni da parte delle imprese e le inoltrano ai soggetti competenti per l’erogazione. La legge 31 marzo 2005, n. 56, sul modello degli sportelli regionali, ha infine istituito gli sportelli unici all’estero, i c.d. «sportelli Italia», con la funzione specifica di prestare assistenza e consulenza legale alle imprese italiane all’estero.
Ulteriori funzioni sono attribuite alle camere di commercio. Queste ultime contribuiscono alla promozione delle imprese sui mercati internazionali attraverso un gran numero di iniziative, che vanno dall’organizzazione di missioni commerciali all’accesso ai programmi dell’Unione europea, dalla stipulazione di accordi internazionali all’assistenza per l’attrazione di investimenti diretti, dalla promozione di accordi produttivi e commerciali con l’estero al supporto per l’acquisizione e la cessione di brevetti o licenze.
Fondamentale è anche il ruolo svolto dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che cura i rapporti economici con gli Stati stranieri, con le comunità economiche e con le organizzazioni internazionali. Il Ministero offre aiuti alle aziende per penetrare nei mercati emergenti e supporta l’attrazione di investimenti produttivi in Italia. Tali scopi sono perseguiti mediante una rete di uffici diffusa in tutto il mondo, come le ambasciate, le rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali e gli uffici consolari.
Per il coordinamento delle iniziative pubbliche e private in materia di internazionalizzazione è stata istituita, da ultimo, anche una cabina di regia, presieduta congiuntamente dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Tale organismo è composto, oltre che dai titolare dei dicasteri citati, anche da altri soggetti istituzionali, come il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, i rappresentanti delle Regioni, di Unioncamere, di Confindustria, della Rete imprese Italia e dell’Associazione bancaria italiana. La cabina di regia ha il compito di elaborare le strategie di internazionalizzazione del Paese volte a favorire la promozione del commercio con l’estero, lo sviluppo di strumenti di analisi per la penetrazione nei mercati internazionali e il supporto agli investimenti nel settore.
4. Gli strumenti di sostegno all’internazionalizzazione
Gli strumenti di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese rispondono a diverse finalità e rientrano in alcune tradizionali categorie di ausili pubblici alle attività di impresa. In questa ottica, si possono distinguere i finanziamenti per particolari operazioni di internazionalizzazione, i crediti per le esportazioni, le partecipazioni pubbliche in imprese esportatrici e le forme di assicurazione degli investimenti compiuti dalle imprese italiane all’estero.
Alla prima categoria si può ascrivere il c.d. «voucher per l’internazionalizzazione», previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 luglio 2017. Questo definisce le modalità per la richiesta e la concessione di finanziamenti finalizzati a sostenere le piccole e medie imprese e le reti di imprese nella loro strategia di accesso e consolidamento nei mercati internazionali. A tale fine, il Ministero dello sviluppo economico ha stanziato 38 milioni di euro. L’intervento consiste in un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher che può essere speso dalle imprese per ricevere consulenze da parte di società definite temporary export manager (o TEM). Tali società, appositamente registrate presso il Ministero, possono aiutare le imprese ammesse al beneficio pubblico offrendo loro analisi e ricerche di mercato, individuando nuovi potenziali clienti, fornendo assistenza legale, organizzativa, contrattuale e fiscale e favorendo il trasferimento di competenze specialistiche in materia di internazionalizzazione d’impresa.
Altri tipi di contributi economici sono rappresentati dai finanziamenti agevolati erogati dalla Simest. Un primo finanziamento è quello destinato ai programmi di inserimento su mercati esterni all’Unione europea. Il finanziamento mira a sostenere progetti di inserimento in mercati extraeuropei, attraverso l’apertura di strutture, come uffici, show roomo negozi. L’obiettivo è garantire la la diffusione o il lancio di nuovi prodotti o servizi. Il finanziamento copre il totale delle spese preventivate, fino ad un massimo di 2,5 milioni di euro, e comunque nei limiti previsti dal Regolamento dell’Unione europea n. 1407/2013. L’agevolazione è pari al 10 per cento del tasso di riferimento di cui alla normativa comunitaria vigente alla data della delibera di concessione del finanziamento. Un secondo finanziamento agevolato è quello rivolto alla realizzazione di studi di fattibilità per verificare l’opportunità e le modalità di investimenti commerciali o produttivi in Paesi extra UE. Un terzo finanziamento è quello destinato a rafforzare la solidità patrimoniale delle piccole e medie imprese esportatrici, al fine di accrescerne la competitività sui mercati esteri. Un quarto tipo di finanziamento agevolato è funzionale a sostenere la partecipazione delle piccole e medie imprese a fiere, mostre e missioni di sistema per promuovere un business su scala internazionale. Possono essere finanziate le spese per aree espositive, le spese logistiche, le spese promozionali e quelle per le consulenze connesse alla partecipazione a fiere o mostre in Paesi che non sono membri dell’Unione europea, incluse le missioni di sistema promosse dal Ministero dello sviluppo economico, da quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dall’Agenzia Ice, da Confindustria e da altre istituzioni e associazioni di categoria.
Al di là dei finanziamenti, un ulteriore importante incentivo all’internazionalizzazione è rappresentato dai crediti all’esportazione, nella duplice forma del credito acquirente e del credito fornitore. Si tratta di strumenti concepiti per favorire le esportazioni di beni di investimento (macchinari, impianti, lavori e servizi) in tutti i Paesi del mondo. Tali crediti consistono in contributi forniti dalla Simest agli interessi su finanziamenti concessi da banche italiane o straniere. Le imprese esportatrici italiane possono proporre agli acquirenti o committenti esteri, di pagare fino ad un massimo dell’85 per cento del prezzo della fornitura mediante una dilazione di pagamento a medio o lungo termine (comunque non inferiore a due anni) a condizioni e tassi di interesse in linea con gli accordi Ocse.
Una diversa forma di supporto all’internazionalizzazione è costituita dalle modalità di partecipazione alle imprese al di fuori del perimetro dell’Unione europea. La Simest, infatti, può affiancare l’impresa italiana nel processo di internazionalizzazione della propria attività favorendone l’ingresso in mercati esteri ad alto potenziale attraverso la partecipazione, fino ad un massimo del 49 per cento, del capitale sociale dell’impresa estera. L’intervento ha la durata massima di otto anni al termine dei quali la società partner si impegna all’acquisto della quota pubblica che non può comunque superare quella del partner italiano. Le condizioni dell’intervento e le modalità del riacquisto sono stabiliti contrattualmente tra le parti.
In maniera analoga, la Simest può partecipare al capitale di imprese europee con vocazione all’innovazione e all’internazionalizzazione. In particolare, la Simest può acquisire partecipazioni fino al 49 per cento del capitale di imprese che realizzano in Europa investimenti produttivi, commerciali o di innovazione tecnologica nell’ambito di un programma di sviluppo internazionale. La partecipazione non è cumulabile con altri strumenti agevolativi della Simest e l’intervento può riguardare solamente imprese redditizie con adeguate prospettive di crescita. La durata massima della partecipazione è di otto anni e l’acquisizione della partecipazione può essere prevista in fase di costituzione della società estera (iniziative greenfield), di aumento di capitale sociale (finalizzato ad un potenziamento della società estera) o in caso di acquisizione da terzi.
È opportuno ricordare che la Simest gestisce anche un fondo di venture capital che può partecipare al capitale di imprese estere che hanno sede in un’area geografica di interesse strategico. Ad ogni modo, la partecipazione complessiva della Simest, diretta e indiretta tramite il fondo di venture capital, non può superare la quota del 49 per cento.
Infine, fondamentale è l’attività di assicurazione delle attività di esportazione delle imprese da parte della Sace. In particolare, la Sace consente l’assicurazione di vendite di beni o di servizi dal rischio di mancato pagamento, di mancato recupero dei costi di produzione per revoca del contratto, di indebita escussione delle fideiussioni e di distruzione, danneggiamento, requisizione e confisca dei beni esportati.
Altri interventi di ausilio pubblico si segnalano nell’ambito del sostegno alle imprese familiari. Occorre rammentare, infatti, che nel 2016 le micro-imprese a conduzione familiare rappresentavano il 62 per cento di tutti gli esportatori italiani, incidendo tuttavia sul totale delle esportazioni nazionali per un valore pari solo allo 0,5 per cento. Le misure pubbliche di favore per le imprese familiari sono dirette sia a sostenerne internazionalizzazione, sia a incoraggiarne la crescita dimensionale e l’innovazione, condizioni minime necessarie per renderle maggiormente competitive a livello.
È poi utile sottolineare che negli ultimi anni sono state adottate numerose disposizioni normative destinate a ridurre gli oneri burocratici e a rimuovere vincoli amministrativi alle attività imprenditoriali. Sebbene non rientrino propriamente nell’ambito della politica di internazionalizzazione, tali misure sono tuttavia servite a facilitare gli investimenti diretti esteri in Italia. La globalizzazione, infatti, ha inaugurato una inedita concorrenza tra sistemi-paese, in cui gli Stati concorrono per intercettare i capitali delle imprese in cerca di investimento. Le scelte sulla collocazione degli investimenti imprenditoriali ricadono nei contesti territoriali il cui sistema normativo e burocratico sia improntato alla semplicità e alla chiarezza, caratteristiche imprescindibili per garantire tempi brevi per un ritorno degli investimenti. In questa prospettiva, allora, si spiegano le innumerevoli misure di semplificazione amministrativa introdotte anche per rendere per più appetibile a una impresa straniera investire in Italia.
5. Conclusioni
L’internazionalizzazione delle imprese rappresenta un fattore di sviluppo fondamentale per il sistema economico e produttivo italiano. Basti pensare che le imprese che hanno subito di meno le conseguenze negative della lunga crisi economica iniziata nel 2008 sono quelle che avevano consolidato una proiezione sui mercati esteri e internazionali. Il valore delle esportazioni è ancora una voce molto rilevante nel computo del prodotto interno lordo italiano. Gli investimenti diretti all’estero da parte delle imprese italiane sono abbastanza contenuti e compiuti quasi esclusivamente dalle imprese di maggiore dimensioni.
Il sistema industriale italiano, costituito per lo più da piccole e medie imprese, ha bisogno delle politiche pubbliche di sostegno all’internazionalizzazione. Si è visto come gli attori pubblici che hanno competenze a fornire supporto e sostegno ai processi di internazionalizzazione siano abbastanza numerosi. La frammentazione delle competenze e delle attribuzioni può rendere complesso definire delle politiche di carattere unitario e richiede un maggiore coordinamento tra enti pubblici.
Per quanto riguarda le misure pubbliche di incentivazione all’internazionalizzazione, si è osservato che queste, pur essendo di vario genere, prevedono tutte una sinergia tra istituzioni pubbliche e imprese private, chiamate a cooperare per il potenziamento del settore industriale italiano a livello internazionale. L’azione dei poteri pubblici, dunque, resta fondamentale per promuovere qualsiasi azione di penetrazione internazionale delle imprese italiane, anche considerando il fatto che attualmente si registra una tensione tra l’apertura ai mercati internazionali e la protezione dei settori economici strategici.
Gli investimenti stranieri, infatti, sono tradizionalmente benvenuti, dal momento che producono ricchezza nei territori di destinazione. Tuttavia, specialmente dopo la crisi economica, tali investimenti sono pressoché ovunque sottoposti ad appositi controlli pubblicistici statali, per evitare che vi siano acquisizioni predatorie di know how o di aziende nazionali. Gli investimenti compiuti all’estero dalle imprese italiane, pertanto, dovranno sempre più essere affiancate dall’azione di accompagnamento e di promozione dei pubblici poteri. L’obiettivo, infatti, è garantire la tutela delle imprese italiane all’estero. Le pubbliche amministrazioni, in questa prospettiva, possono contribuire a selezionare e individuare quei sistemi economici dove sono maggiori le opportunità per le aziende italiane, dove migliori sono i rapporti diplomatici che consentano di portare a termine con successo investimenti di grande valore, dove maggiore è la tutela riconosciuta agli investimenti compiuti dalle imprese che provengono dall’estero.
È quindi imprescindibile che all’azione amministrativa si accompagni l’attività della diplomazia, come è finora accaduto se si tiene conto dell’impegno del Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, e si può facilmente prevedere che la galassia delle misure pubbliche di sostegno possa ulteriormente ampliarsi in futuro per affrontare le sempre nuove sfide poste dal capitalismo globale.
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