di CRISTIANO MERLUZZI
28 Aprile 2017
L’art. 3 della legge delega per la riforma della pubblica amministrazione ha introdotto il nuovo art. 17-bis nello schema della legge sul procedimento amministrativo, recante la disciplina del silenzio assenso tra amministrazioni o c.d. silenzio orizzontale. L’ufficio legislativo del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha sottoposto al Consiglio di Stato una pluralità di dubbi e criticità in merito alla nascente disposizione. Il recente parere 1640, in data 3 luglio 2016, ha analizzato l’ambito e la portata della già discussa norma. Dopo una lunga dissertazione del Consiglio di Stato sul proprio ruolo consultivo, sulla valorizzazione di un ritrovato dialogo con il Governo nell’esercizio della funzione normativa e di indirizzo politico, sul sostegno a politiche pubbliche “in progress”, il parere procede ad un’attenta analisi dell’istituto del silenzio tra amministrazioni. L’obiettivo è quello di chiarirne preventivamente l’ambito di applicazione, le eccezioni, le regole implicite e non normativamente espresse, e il coordinamento con altre discipline quali la conferenza di servizi. In una sorta di interpretazione autentica del disegno legislativo, si cerca così di evitare criticità nella futura giurisprudenza. Già si era affermato che la legge n. 124 costituiva una “complessiva rivisitazione dei rapporti tra Stato, cittadini e imprese”. La riforma Madia è, a parere dei supremi giudici, uno spartiacque verso una “rinnovata visione dell’Amministrazione pubblica”, un’apertura all’esterno del policy making, per finalità di crescita, sviluppo e competitività delle riforme amministrative. Per tutte queste ragioni, tale parere 1640 va approcciato quasi come un’interpretazione autentica, o come una giurisprudenza preventivamente consolidata, poiché delinea alcuni tratti di dettaglio dell’istituto e chiarisce le norme. Come sostiene autorevole dottrina, in un’epoca di depotenziamento della tipicità della norma, questo parere così organico e sistematico potrebbe tranquillamente essere posto sulla linea di confine tra hard law e soft law.
L’art. 17-bis è considerato un dettato generale e sistematico, avente valore di principio cardine nei rapporti tra amministrazioni, un “nuovo paradigma” nei rapporti tra i soggetti del rapporto amministrativo, un silenzio “endoprocedimentale”. Opportunamente, il parere 1640 ha tentato di chiarire i rapporti tra il silenzio tra amministrazioni e la conferenza di servizi, sempre contigui e in alcuni punti sovrapponibili. Da disposizione fantasma, sia nei lavori che nell’opinione pubblica, la nuova norma ha guadagnato visibilità ed è forse stata caricata di numerose aspettative. Ciò ha indotto l’Esecutivo a non trattare l’argomento in una legislazione di dettaglio di attuazione successiva, ma semmai a domandare confini d’inquadramento teorico al Consiglio di Stato. Il testo dell’art. 17-bis: “Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici – 1: Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento (…), da parte dell’amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l’amministrazione (…) che deve rendere il proprio assenso (…) rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso (…) è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini. 2: Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso (…), lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento. 3: Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi (…) il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso (…) è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. (…)”.
Il parere del Consiglio di Stato ha chiarito, nei seguenti punti, alcuni tratti teorici dell’istituto: A) Per quanto riguarda l’ambito soggettivo della norma, essa è da applicarsi a tutte le amministrazioni, non solo statali ma anche locali, comprese le Regioni a statuto speciale e le Province autonome. Si ricollega la potestà legislativa sulla semplificazione a quella giurisprudenza costituzionale che considera infatti le norme sulla semplificazione della l. n. 241/1990 come species delle prestazioni essenziali di cui alla lett. m) dell’art. 117 comma 2 della Costituzione. L’art. 17-bis condivide ratio e obiettivi con l’art. 20, e ad esso quindi si applica tale giurisprudenza costituzionale. In secondo luogo, la norma si applica anche agli organi politici se l’atto ha natura amministrativa, alle Autorità indipendenti, la cui natura amministrativa è ormai pacifica. Infine, stessa applicabilità si è avuta per i gestori di beni e servizi pubblici, in virtù del principio comunitario di P.A. sostanziale e funzionale.
- B) Per quanto riguarda l’ambito oggettivo, la norma espressamente include, oltre all’atto amministrativo, “l’adozione di provvedimenti normativi”. Si esclude poi che l’art. 17-bis possa essere limitato ai soli procedimenti autorizzatori, come l’art. 20. Data infatti la natura orizzontale del silenzio, il Consiglio ha chiarito che le amministrazioni coinvolte nel procedimento debbono essere “co-decidenti, quale che sia la natura del provvedimento finale”. Perciò è incluso ogni tipo di procedimento amministrativo che abbia al proprio interno una fase decisoria di competenza di altra amministrazione. Gli interessi sensibili rientrano già espressamente nell’ambito della norma, come chiarisce il comma 3. Il Consiglio di Stato afferma poi che il parere oggetto di silenzio interamministrativo debba essere richiesto dall’amministrazione procedente: questo vuol dire che l’art. 17-bis è escluso nel caso in cui sia il privato a fare richiesta per il necessario assenso. Se è il privato a chiedere alla seconda autorità, protagonista della subfase, di dare consenso, pur all’interno di un altro procedimento, comunque non potrà essere considerato silenzio orizzontale, ma verticale. Potrà quindi trovare applicazione il silenzio assenso ordinario ex art. 20 se si tratta di procedimenti autorizzatori, altrimenti l’amministrazione dovrà esprimersi espressamente, e l’inerzia sarà improduttiva di effetti. L’art. 17-bis si applica nei rapporti solo tra amministrazioni, e la richiesta deve provenire dall’autorità procedente nei confronti di un’altra, protagonista di un necessario assenso incidentale, in una subfase. A tal proposito, un tema molto delicato è il rapporto tra silenzio orizzontale e Sportelli unici: innanzitutto si chiarisce che lo Sportello unico non può essere considerato un’amministrazione co-decidente. Non può applicarsi l’art. 17-bis nel caso in cui ci sia un’amministrazione titolare del procedimento e un’altra responsabile per i rapporti con il privato richiedente. Per rientrare nel silenzio orizzontale, entrambe debbono avere potere decisorio, e la decisione deve essere pluristrutturata. Poi, nel caso in cui il privato dovesse rapportarsi con uno Sportello unico per ottenere numerosi atti, spetterà all’amministrazione procedente il compito di richiedere gli atti di assenso necessari alle altre P.A., e non al privato che avanza la richiesta. D’altra parte è però difficile accorpare in un unico centro decisionale, come è la P.A. procedente, tutte le competenze di questo tipo: procedimenti di questo tipo rimangono complessi, e strutturati in più amministrazioni. Più in generale, è difficile imporre all’autorità procedente un obbligo di richiedere i pareri necessari alle altre amministrazioni, ed è improbabile che procedimenti dinanzi agli sportelli unici, solitamente complessi, possano usufruire dell’art. 17-bis, riservato a casi più semplici, come si vedrà nella lettera C). Sul punto dovrà attendersi una limatura della giurisprudenza.
- C) In relazione ai rapporti tra silenzio orizzontale e attività consultiva di cui all’art. 16 e valutazioni tecniche di cui all’art. 17, il Consiglio ha posto alcuni punti fermi. I due articoli citati si riferiscono ad una fase diversa del procedimento rispetto a quella delineata nel 17-bis, poiché trovano applicazione nell’istruttoria, mentre invece il silenzio orizzontale attiene ad un momento successivo e decisorio. I pareri non vincolanti rimangono quindi nell’ambito dell’art. 16, invece quelli formalmente chiamati pareri, ma sostanzialmente vincolanti e decisionali, si riversano oggi nell’art. 17-bis. In questo modo si tenta di spiegare perché gli artt. 16 e 17 e l’art. 17-bis tutelino in maniera diversa gli interessi sensibili. Tali interessi sono imprescindibili nella fase istruttoria, e necessariamente debbono esserci pareri e valutazioni tecniche espressi su di essi, senza che si formi un silenzio significativo. Nella posteriore fase decisoria, invece, in cui vi sono le espressioni di assenso vincolanti ex art. 17-bis, l’istruttoria si è svolta e chiusa, bisogna solo dare consenso o negarlo su uno schema di provvedimento. Si può in questo caso ammettere la formazione del silenzio interamministrativo anche sugli interessi sensibili, ed essi debbono essere tutelati di più nella fase istruttoria perché in quel momento entrano nel procedimento, mentre sembrerebbe non esserci questa pienezza di tutela una volta che siano stati acquisiti agli atti. La fase decisoria serve soltanto ad esprimere se lo schema di provvedimento li tuteli adeguatamente o meno, e in tal caso si può formare un silenzio favorevole, perché “anche nei casi in cui opera il silenzio assenso, l’interesse sensibile dovrà comunque essere oggetto di valutazione, comparazione e bilanciamento da parte dell’amministrazione procedente”. Più in generale, se nella fase istruttoria questi interessi non trovano luogo, non riescono ad entrare nel procedimento, con loro gravissima lesione. Se invece nella fase decisoria la P.A. deputata non si esprime, comunque l’interesse non scompare e non viene leso, poiché già inserito negli atti, e la P.A. procedente lo deve egualmente tutelare e bilanciare con gli altri in sede di provvedimento. Tuttavia lo fa autonomamente e senza l’aiuto dell’autorità ad essi preposta. Il silenzio può quindi operare ugualmente perché l’obbligo di motivazione della P.A. che adotta l’atto supplisce all’inerzia dell’altra.
- D) Rapporto con la conferenza di servizi: secondo il parere 1640/2016, il coordinamento tra il silenzio interamministrativo e la conferenza di servizi decisoria deve avvenire sulla base della lettera degli artt. 14 e 17-bis, che parlano rispettivamente di “più atti di assenso (…) comunque denominati” e “assensi (…) comunque denominati”. Basterebbe questo dislivello terminologico per applicare la conferenza di servizi nel caso di una pluralità di amministrazioni coinvolte, e il silenzio orizzontale nel caso di due sole amministrazioni. Ossia nel caso in cui l’assenso richiesto sia solo uno per ogni procedimento e vi sia un’autorità procedente e una sola altra consenziente. Vi deve essere una sola subfase di competenza di una sola altra P.A., perché non sia necessario convocare una concertazione. Alla base del ragionamento legislativo, quindi, vi sarebbe soltanto una distinzione quantitativa. Nel caso di più amministrazioni che debbono pronunciarsi, la struttura sarebbe troppo complessa per il solo meccanismo del silenzio, invece nel caso di una sola subfase la conferenza di servizi appesantirebbe troppo il procedimento. Questa visione sarebbe confermata dal fatto che i meccanismi di rimedio al dissenso delle P.A. nell’art. 17-bis sono in realtà più semplici dell’art. 14-quinquies. Il modello in esame prevede che in caso di mancato accordo il Presidente del Consiglio dei ministri decida sulle modifiche da apportare, un rimedio solo tra “amministrazioni statali di cui al comma 1”. In generale, comunque, il coordinamento tra gli istituti avverrà secondo una linea direttrice che tratta ipotesi di decisioni pur pluristrutturate ma di minore complessità. Difficilmente vi saranno sportelli unici, che svolgono normalmente un ruolo di “collettore” di molteplici attori e in procedimenti complessi. Se vi sono più amministrazioni coinvolte e una maggior difficoltà, si applicherà invece la conferenza di servizi.
Il nuovo meccanismo del silenzio nei rapporti tra le amministrazioni sembra ricoprire quel ruolo di istituto di “semplificazione pura” che il silenzio assenso tradizionale non è mai riuscito a raggiungere. È il frutto di una mancata collaborazione e coordinamento, ma non di una pura inefficienza, e non comporta le stesse rinunzie e profili patologici. Non ne consegue l’eliminazione e lo stralcio dal procedimento dell’interesse pubblico rimasto in silenzio, ma piuttosto un suo contemperamento più modesto e operato dalla P.A. procedente. Il procedimento non viene interrotto né abbandonato, ma piuttosto ne viene saltata una fase, e con un meccanismo di semplificazione esso più facilmente prosegue e arriva alla fine. La P.A. procedente prende una posizione espressa sugli interessi in esso dedotti, pur se le altre amministrazioni non partecipano e non si esprimono tempestivamente: essa sola adotterà la decisione, ma l’interesse pubblico ormai penetrato nell’istruttoria dovrà essere tenuto in considerazione. Per di più, l’art. 17-bis non si occupa solo della formazione di un silenzio, come l’art. 20, ma anche del caso opposto di una decisione espressa ma dissenziente. Si occupa anche dei meccanismi di risoluzione dell’impasse che viene a crearsi mediante il dissenso, a conferma che tale istituto non ha a che vedere solo con i casi silenti, ma anche con quelli espressi e negativi, permettendone un superamento. Per questo viene spesso assimilato alla conferenza di servizi, giacché permette un coordinamento tra le amministrazioni sia nel caso di inerzia che in caso di disaccordo. Più in generale, non abbiamo a che vedere solo con un silenzio significativo, ma con un generale meccanismo di semplificazione, di efficienza e di ridefinizione dei rapporti interni tra pubbliche amministrazioni.
Giova infine ricordare come l’istituto del silenzio assenso stia diventando sempre più diffuso, non soltanto attraverso la sua applicazione anche ai rapporti interni tra amministrazioni, ma anche in settori diametralmente opposti all’originario diritto amministrativo e alla gestione della cosa pubblica: non mancano pronunce del giudice ordinario che lo considerano principio ordinamentale anche tra privati, e che in determinate circostanze o situazioni oggettivamente ammissibili giustificano il suo meccanismo, onerando le parti negoziali (o portatrici di obbligazioni) di una risposta espressa. Un esempio particolarmente significativo (ed onestamente molto lontano) è quello del diritto fallimentare: sempre più spesso alcune pronunce del Tribunale di Roma del 2017, nella nota ottava sezione, hanno affermato la conciliabilità tra un meccanismo di semplificazione procedimentale amministrativo e una procedura concorsuale come quella del fallimento, poiché anch’essa come il procedimento amministrativo ispirata regole di partecipazione attiva: in un particolare caso si era appunto discusso della possibilità di riconoscere un compenso anche al comitato dei creditori, e si era deciso di procedere alla raccolta dei consensi dei singoli creditori attraverso un meccanismo di consenso tacito alternativo ad un’espressa contrarietà. Per di più, il silenzio assenso sembra essere compatibile con quelle procedure complesse che, come nelle crisi da sovraindebitamento, si regolano in base a meccanismi di accelerazione, e hanno una disciplina di superamento di eventuali impasse; per di più, trattasi di una modalità di formazione della volontà ormai accolta nei casi in cui, come nell’esempio degli organi del fallimento, il silenzio sia strumentale al loro regolare funzionamento e al perseguimento dei loro obiettivi di soddisfacimento dell’interesse economico dei creditori, dando loro al contempo meccanismi di reazione e controllo nei confronti del comitato come contrappeso. Il meccanismo tacito del silenzio è un congruo prezzo da pagare in una procedura concorsuale in cui, già normalmente, viene richiesta al creditore una certa partecipazione attiva, basilare al raggiungimento del risultato economico. Si tratta soltanto di uno dei molteplici esempi di generalizzazione (e anzi, vero e proprio trapianto giuridico) del principio del silenzio assenso, ben oltre il suo originario ambito di formulazione. Sintomo che l’istituto sta subendo una netta estensione, fino a mutare pelle in un trasversale principio del diritto civile.