di ALLEGRA MASTI
Maggio 18, 2017
La sponsorizzazione del Colosseo ad opera della Tod’s s.p.a. è ormai fatto noto. La vicenda ha inizio nel 2010 e di conseguenza la disciplina applicata è quella dell’abrogato D. Lgs. 163/2006 e si presume che sia anche a causa di questa particolare sponsorizzazione che la relativa procedura sia stata snellita. L’origine di questa sponsorizzazione risale al 4 agosto 2010, giorno in cui il Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia antica pubblicava l’avviso “Ricerca di sponsor per il finanziamento e la realizzazione di lavori secondo il Piano degli interventi Colosseo, Roma” , dove si richiedeva una sponsorizzazione tecnica dei lavori di restauro del Colosseo, ai sensi dell’articolo 26 ex Codice dei contratti pubblici , offrendo come controprestazione il diritto di sfruttare l’immagine del Colosseo per una durata pari a quella dei lavori di restauro. Nel bando erano specificamente indicate i restauri necessari, le spese e la durata degli stessi. Al bando si erano presentate due candidate, la “Ryanair.com” e la Tod’s s.p.a., le offerte delle quali erano state ritenute idonee sul piano finanziario e pervenute nei termini corretti, ma inidonee con riguardo alle modalità di presentazione indicate nell’avviso e in particolare, le offerte sono risultate inammissibili, l’una perché avente un oggetto in parte diverso da quello dell’affidamento, l’altra perché non costituente un impegno negoziale, ma una mera dichiarazione di intenti non vincolante per l’offerente. Conseguentemente il Commissario, all’esito dell’infruttuoso procedimento, sulla base di un espresso parere dell’ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, si era orientato nel senso di una procedura negoziata ex articolo 57 ex Codice dei contratti pubblici, e quindi rinunciando ad una sponsorizzazione tecnica in favore di una sponsorizzazione pura. Il Commissario invitava le due candidate a partecipare alla diversa procedura, acquisendo inoltre un’offerta da parte di un terzo operatore la “Fimit Sgr”. All’esito della procedura negoziata il Commissario delegato stipulava un accordo con la Tod’s s.p.a., per una sponsorizzazione di 25 milioni di euro, in data 21 gennaio 2011.
Il problema emerge a questo nei confronti della seconda procedura di affidamento della sponsorizzazione per la quale molteplici perplessità sono state sollevate da alcune associazioni italiane, quali Uil e Codacons, con l’invio di segnalazioni all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Procura della Corte dei conti, arrivando anche a proporre ricorso giurisdizionale per l’annullamento dell’accordo di sponsorizzazione al T.A.R. Lazio. Una tematica discussa è stata inizialmente il mutamento dell’oggetto tra la prima e la seconda procedura di ricerca dello sponsor, in quanto nella prima la richiesta concerneva una sponsorizzazione tecnica, mentre nella seconda una sponsorizzazione pura. Le irregolarità lamentate concernevano principalmente la discrasia tra le previsioni dell’avviso pubblico e le disposizioni del contratto stipulato relative agli impegni e alle facoltà dello sponsor e ai diritti concessigli. Nel contratto, ad esempio, non risulta il riferimento ad alcuni obblighi fondamentali in capo allo sponsor che invece erano presenti nell’avviso come ad esempio quelli concernenti il completamento della fase di progettazione esecutiva, la selezione delle imprese, l’appalto a terzi, la gestione dei rapporti di lavoro. Altra problematica è emersa in relazione alla durata dei diritti d’uso di immagini, logo, spazi e informazioni, concessi alla Tod’s s.p.a. e alla istituenda Associazione Amici del Colosseo, un’associazione senza scopo di lucro da costituirsi, su iniziativa dello sponsor, per promuovere e dare visibilità pubblica, a livello nazionale e internazionale, all’iniziativa. In riferimento a ciò nell’avviso si leggeva espressamente che i diritti d’uso suddetti venivano concessi per il tempo equivalente alla durata dei lavori, ma diversamente, nel contratto si leggeva che gli stessi diritti venivano protratti per i due anni successivi alla conclusione dei lavori. Inoltre il riferimento alla durata dei diritti concessi in via esclusiva all’Associazione suddetta, pari a 15 anni eventualmente prorogabili, non compariva nell’avviso. La concessione in via esclusiva comporta che il Ministero è vincolato ed in qualche modo immobilizzato, non potendo concludere con terzi altri accordi di sponsorizzazione aventi ad oggetto il Colosseo, e allo stesso tempo non potendo concedere l’uso a qualunque titolo del nome o dei segni distintivi del Colosseo, ad esempio per scopi pubblicitari. A difesa della Tod’s s.p.a. e dell’operato del Commissario delegato si è scritto che: “durante lo svolgimento dei lavori il Colosseo rimarrà accessibile e fruibile senza limitazioni da parte dello sponsor che è invece dedicato unicamente ai restauri, sui quali esercita ‘esclusiva per la durata dei lavori più due anni, mentre l’esclusiva riconosciuta all’ Associazione Amici del Colosseo ente, senza fini di lucro, promosso ma assolutamente distinto dallo sponsor, con una sua autonomia e un suo statuto, durerà 15 anni e sarà sempre riferita ai lavori di restauro avendo il compito di realizzare un grande Piano di Comunicazione con finalità culturali e sociali a favore dei giovani, dei diversamente abili, dei pensionati e dei lavoratori.”
Come già riportato le varie perplessità in merito alla stipula dell’accordo in esame hanno condotto all’intervento, prima, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, poi, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (oggi Anac). Il primo intervento è espresso nella delibera del 14 dicembre 2011 dell’Autorità garante, in cui sono presenti le lamentele precedentemente esposte. A parere dell’Antitrust, “la scelta di optare per una procedura negoziata, svoltasi interpellando un numero molto limitato di soggetti, appare come una indebita restrizione del confronto concorrenziale che avrebbe potenzialmente potuto portare l’amministrazione appaltante a beneficiare di un’offerta più vantaggiosa.” L’Autorità ha, inoltre, sottolineato la necessità di dare la più ampia pubblicità agli affidamenti dei contratti di sponsorizzazione ex art. 26 del Codice, evidenziando nel contempo il mancato rispetto di tale principio nello svolgimento della procedura negoziata sopra descritta, nella quale è stato interpellato un numero esiguo di operatori. Sulla base delle suindicate considerazioni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha invitato l’amministrazione interessata al maggior rispetto, per il futuro, del principio di concorrenza ai fini dell’affidamento degli accordi di sponsorizzazione, chiedendo nel contempo di conoscere le iniziative adottate dalla stessa amministrazione in relazione ai profili di criticità evidenziati.
Successivamente è intervenuta l’Anac, che con delibera n. 9 dell’8 febbraio 2012 ha sancito la regolarità del contratto di sponsorizzazione in esame. L’Autorità è partita dall’esame dell’istituto della sponsorizzazione, affermando in primis la possibilità per la pubblica amministrazione di stipulare questo tipo di contratto in virtù dell’articolo 43 della legge 449/1997, in secondo luogo disciplinando le caratteristiche del contratto ed affermando che lo stesso è un contratto a prestazioni corrispettive, mediante il quale la pubblica amministrazione, lo sponsee, offre a un soggetto terzo, lo sponsor, che si obbliga a pagare un determinato corrispettivo, la possibilità di pubblicizzare in appositi spazi nome, logo, marchio o prodotti, potendo il corrispettivo concretarsi anche in un contributo in beni o servizi o altre utilità. L’Autorità ha stabilito poi che per l’affidamento di contratti di sponsorizzazione non trova applicazione la normativa sugli appalti dei lavori pubblici in quanto gli stessi non rientrano nella classificazione giuridica dei contratti passivi, bensì comportano un vantaggio economico e patrimoniale direttamente quantificabile per la pubblica amministrazione mediante un risparmio di spesa. Successivamente l’Autorità specifica la differenza tra la sponsorizzazione tecnica e la sponsorizzazione pura, escludendo la seconda dalla disciplina del D. Lgs. 163/2006 e quindi dall’applicazione alla stessa degli articoli 26 e 27. Si stabilisce poi che il contratto in discorso è un contratto di tipo attivo che genera un’entrata finanziaria e che tale tipo di contratto è sottoposto alla disciplina del Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato , Come si evince esposto, ha concluso l’Anac, “l’infruttuoso svolgimento della suindicata procedura ha indotto l’amministrazione a ritenere non più percorribile la strada dell’affidamento del contratto di sponsorizzazione tecnica (con le caratteristiche indicate dall’art. 26 del Codice), per ricorrere a differente e distinta procedura, rispetto a quella già svolta, diretta all’affidamento di altra tipologia contrattuale: la sponsorizzazione di puro finanziamento, sottratta alla disciplina del D.Lgs. n. 163/2006 e disciplinata dalle norme di contabilità di Stato, contemplanti comunque l’esperimento di procedure trasparenti. Si ritiene, dunque, che la mutata volontà dell’amministrazione di concludere un contratto di sponsorizzazione di puro finanziamento in luogo del contratto di sponsorizzazione tecnica ex art. 26 del Codice, sembra giustificare lo svolgimento di una procedura negoziata con gli operatori interessati trattandosi di contratto sottratto alla disciplina del Codice.”
La vicenda del Colosseo però non finisce con la suddetta delibera, in quanto oggetto di una successiva indagine della Corte dei conti datata 2016, sulle iniziative di partenariato pubblico- privato nei processi di valorizzazione dei beni culturali. La critica, avente origine dal caso in esame, è rivolta al ruolo dello sponsor e al suo impegno nei confronti del Colosseo, ritenuto minimo se comparato ai vantaggi acquisiti dallo sponsor. Specificando, i giudici contabili hanno lamentato la scarsa attenzione dell’amministrazione nel concedere per una cifra considerata minima, calcolata in un milione e duecentocinquantamila euro l’anno, i diritti di utilizzazione esclusiva del marchio “Colosseo” per una durata ultraventennale, non avendo calcolato inoltre la fama mondiale del monumento. Inoltre la critica della Corte dei conti si incentra sull’effettivo ritardo dei lavori rispetto alle tempistiche prestabilite, che configura un danno per l’amministrazione in quanto con l’allungamento dei tempi dei lavori si protrae ancora di più l’esclusività del diritto allo sfruttamento del marchio “Colosseo”.
Aldilà della fattispecie relativa al Colosseo, la Corte conclude con un commento positivo rivolto all’istituto della sponsorizzazione della quale emergono aspetti incoraggianti rispetto al ruolo che l’istituto ricopre come sussidio importante ai deficit finanziari pubblici all’interno della materia dei beni culturali e come valido strumento di partenariato pubblico- privato che favorisce l’ingresso dei privati nel mondo della cultura al fine di incrementarne la tutela e la valorizzazione. Allo stesso tempo però si evidenzia che alle potenzialità dell’istituto non corrisponde una disciplina organica e dettagliata del contratto di sponsorizzazione soprattutto con riferimento al profilo della valutazione economica della controprestazione offerta dall’amministrazione, la quale appare spesso in una posizione di debolezza contrattuale. Inoltre si riscontra lo scarso utilizzo delle sponsorizzazioni culturali, che abbisogna di essere incrementato attraverso una disciplina ad hoc per i beni culturali con una definizione dei contenuti minimi del contratto; si auspica che tutto ciò possa essere garantito dalle procedure inserite nel nuovo Codice dei contratti pubblici.
A tal proposito il D. Lgs. n. 50/2016 prevede due tipologie di sponsorizzazione in virtù della natura del contributo offerto dallo sponsor, la sponsorizzazione pura, che si realizza mediante finanziamento diretto o indiretto delle attività di tutela o di valorizzazione , e la sponsorizzazione tecnica, che comprende potenzialmente le attività di progettazione, di esecuzione totale o parziale dei lavori o dei servizi, come la creazione e la gestione di percorsi museali, di mostre e similari.
Per quanto riguarda la sponsorizzazione pura l’articolo 19 del Codice dei contratti pubblici prevede due diverse ipotesi, contenute nel primo comma: la prima avente ad oggetto una somma pari a 40000 euro fino al raggiungimento della quale non sono previsti particolari adempimenti formali nella ricerca dello sponsor. Nel caso invece di importi superiori alla suddetta cifra, l’unico adempimento formale richiesto consiste nella previa pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione, per un lasso di tempo non inferiore a trenta giorni, di un apposito avviso di ricerca di sponsor, o di avvenuto ricevimento di una proposta di sponsorizzazione accompagnata da una relazione sintetica del contenuto negoziale. Trascorsi i suddetti trenta giorni, l’amministrazione può negoziare il contratto nel rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento fra gli operatori offerenti, fermo restando il rispetto del disposto dell’articolo 80 del Codice dei contratti pubblici che sancisce i motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica. La procedura in discorso risulta più snella della precedente, avendo eliso gli atti preparatori o di programmazione dell’amministrazione. Nel regime attuale infatti lo sponsor privato può indicare il contenuto della sponsorizzazione che intende porre in essere, senza doversi omologare ad una richiesta proveniente dallo sponsee. Ma questa non è l’unica modalità di attuazione della sponsorizzazione, potendo sempre l’amministrazione ricoprire un ruolo attivo nella ricerca dello sponsor così come l’articolo 21 con riguardo agli atti programmatori.
Il comma 2 dell’articolo 19 si rivolge alla disciplina della sponsorizzazione tecnica, ossia quella sponsorizzazione che prevede che lo sponsor realizzi lavori, servizi, forniture a sua cura e a sue spese, e stabilisce che a questa tipologia di sponsorizzazione non si applica la disciplina del Codice se non per la parte inerente le garanzie sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori.
Ad ogni modo, nel momento in cui l’amministrazione riceve una proposta di sponsorizzazione è obbligata a sottoporre la stessa ad un preventivo vaglio rispetto all’ammissibilità e alla convenienza per l’interesse pubblico della proposta ancor prima della pubblicazione sul sito istituzionale, la quale non risulta obbligatoria ex se, ma lo diventa in conseguenza dell’esito positivo di questa prima verifica, che può presupporre anche un’interlocuzione con il potenziale sponsor in una logica di soccorso istruttorio al fine di tentare di colmare le eventuali lacune. Nel caso contrario, ossia di esito negativo di questa prima valutazione, l’amministrazione è tenuta ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 241/1990 ad inviare al proponente una mera risposta di cortesia. Al termine di questa prima verifica, come si è detto, l’amministrazione procederà alla pubblicazione dell’avviso di ricevuta della proposta di sponsorizzazione, che risulterà dunque tecnicamente compatibile con le esigenze di tutela e condivisa dall’amministrazione, ossia reputata in linea generale fattibile e coerente con il disposto di cui all’articolo 120 del Codice dei beni culturali.
Ad ogni modo rimane possibile per l’amministrazione sponsorizzata avere un ruolo attivo nella sponsorizzazione, che si configura nell’essere l’amministrazione stessa promotrice e ricercatrice della sponsorizzazione, attraverso la predisposizione di una lista di siti culturali che necessitano di interventi e quindi di sponsor privati. In questo caso l’amministrazione dovrà predeterminare i contenuti dell’avviso da pubblicare sul proprio sito istituzionale, fornendo gli elementi essenziali dell’intervento così da consentire al potenziale sponsor di avere un quadro chiaro del contributo, finanziario o tecnico, che si richiede.
È evidente che sia nel caso di proposta proveniente dallo sponsor, che in quello di richiesta da parte dell’amministrazione, un ruolo fondamentale interpreta l’attrattività del bene o del sito culturale che si intende qualificare come oggetto della sponsorizzazione. Infatti maggiore sarà l’attrattività del bene nei confronti del pubblico fruente, o maggiore sarà il flusso turistico anche nel luogo su cui il bene incide, maggiore sarà il ritorno pubblicitario che è alla base dell’intervento dello sponsor. Altro fattore incidente è la capacità manageriale e di marketing degli amministratori e dei funzionali pubblici, che spesso manca nel contesto italiano e che invece dovrebbe far parte della formazione dei soggetti suddetti, così da potersi confrontare con il tessuto imprenditoriale nazionale ed internazionale.
Nella scelta dello sponsor non vi sono particolari adempimenti dovuti dall’amministrazione nel caso di un singolo sponsor ed in questo caso l’amministrazione può addivenire alla stipula del contratto al termine dei trenta giorni di permanenza dell’avviso sul sito istituzionale. Nel caso, invece, in cui vi siano più operatori disposti alla stipula del contratto di sponsorizzazione, l’amministrazione dovrà provvedere ad un confronto concorrenziale concedendo un nuovo termine di quindici giorni per la proposta di offerte in aumento, al termine del quale stipulerà il contratto con l’impresa che ha presentato l’offerta maggiore.
Per quanto concerne la disciplina prevista dall’articolo 151 del Codice dei contratti pubblici, lo stesso prevede l’applicabilità della procedura precedentemente descritta ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relative ai beni culturali e a quelli rivolti al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura. Con il termine “sostegno” si va ad ampliare il campo di apporti possibili da parte dello sponsor, includendo ad esempio la manutenzione ordinario o straordinaria di un museo. Il comma 2 dell’articolo in esame sottolinea il ruolo di tutela e vigilanza attribuito al Ministero.